Da “Finchè pizza c’è speranza” alla “Pizzeria dell’impossibile”


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Tra tante brutte notizie che arrivano dalle carceri italiani, dal sovraffollamento, ai suicidi tra i detenuti alle pessime condizioni igenico-sanitarie, c’è un carcere in provincia di Napoli che crede veramente – come sancito dall’articolo 1 dell’Ordinamento penitenziario – che il carcere  è un luogo di detenzione, finalizzato alla rieducazione e al reinserimento dei detenuti nella società.

Nel carcere minorile di Nisida, da tre anni l’associazione “Scugnizzi” ha avviato il progetto “Finchè c’è pizza c’è speranza”: tra impasti e condimenti i giovani detenuti imparano l’arte della vera pizza napoletana, acquisendo così un mestiere che faciliterà il loro reinserimento nella vita sociale e lavorativa.

Inoltre l’associazione “Scugnizzi” ha promosso e realizzato, in collaborazione con la catena di pizzerie “Fratelli la Bufala”,  una pizzeria per poveri nel cuore del centro storico di Napoli. Si chiama “La pizzeria dell’impossibile”, dove ogni giorno saranno servite  ai poveri della città, 100 pizze realizzate dai ragazzi del carcere di Nisida.

Ma questo non è l’unico esempio di carcere virtuoso in Italia. Da anni i detenuti rimasti nel carcere dell’isola di Gorgona in Toscana, producono un ottimo vino e la famiglia dei Frescobaldi, la grande casa toscana che produce vini dal ’700, è interessata a mettere il proprio marchio sul frutto dei vitigni di Gorgona. Nel laboratorio di pasticceria della casa circondariale  Due Palazzi di Padova, invece, i detenuti sfornano ogni Natale oltre 63.000 panettoni per essere venduti in tutta Italia.

 

Maria Chiara Coco

 

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