Discusso, rinviato, ridiscusso, non ha mai messo d’accordo le varie parti, eppure il famoso ponte che si stagliava sul Tondo Gioieni di Catania è crollato alle 6,21 sotto l’incessante taglio e martellio dei mezzi meccanici. Trenta ore sono bastate all’abbattimento di una struttura ben progettata e costruita negli anni 50 del secolo scorso che ha mostrato nelle ultime ore il suo ottimo scheletro in acciaio e il suo fragile corpo in cemento. Gli anni passano per tutti e le intemperie non lasciano scampo; l’acqua piovana, infiltrandosi, ha crepato in maniera non indifferente tutto l’impalcato a cassone cellulare pluri-connesso. Di termini tecnici, a molti incomprensibili, ne sono stati detti e letti costantemente nelle ultime settimane, lo stesso può essere affermato per i commenti di nostalgici, di tecnici, di critici e di semplici cittadini.
Il problema più grande tutto sommato è quello della viabilità cittadina per migliaia di catanesi e abitanti delle zone etnee. Le ferie presto finiranno, le scuole riapriranno ed avrà luogo un puntuale crollo dei nervi. Le macerie si sono ormai adagiate sul fondo stradale ricoperto dalla sabbia per attutire il colpo e proteggere le linee dei vari servizi posizionate al di sotto del livello stradale.
Mai così fotografato e ricoperto di elogi, il ponte Gioieni è stato per anni la utile via di uscita dalla nostra amata Catania ma il pericolo sismico e le molteplici considerazioni fatte per un intervento di ristrutturazione troppo costoso hanno portato alla sua definitiva demolizione. La sua forma aerodinamica mitigava comunque un impatto visivo preponderante, adesso invece si apre agli occhi del passante una vasta area in cima alla via Etnea che renderà, forse, alla città una entrata o un’uscita più degna. Questa nostra meravigliosa Catania, per alcuni mirabolante città europea ma di fatto ben lontana da quel reale modo di concepire l’agglomerato urbano in pieno stile comunitario, si troverà ad affrontare un periodo faticoso perché l’apertura di una sola corsia per ogni senso di marcia (verso Ognina e verso Nesima) certamente non basterà a smaltire le ondate di traffico. Al di la della nostalgia di alcuni per la perdita del chioschetto posto al di sotto della rampa che ha resistito fino al colpo di grazia inferto al suo “protettore”, della richiesta di specifiche pubblicazioni del progetto esecutivo, di relazioni tecniche di ogni genere o di quant’altro, delle considerazioni su strutture ed edifici di rilevanza storica che, pur avendo poche specifiche antisismiche, spesso resistono alla natura meglio delle nuove realizzazioni, la problematica che più avrà effetti preoccupanti sarà sempre una: l’ingorgo. Basterà armarsi di santissima pazienza? Sarà davvero ottobre il mese della fine dei lavori o assisteremo ad un prolungarsi della vicenda come avvenuto per il vicino viale Flemming? Si coglierà l’occasione per evitare un altro caso di imbruttimento, anziché miglioramento, in stile Piazza Europa?
Paolo Licciardello







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