La teoria della panspermìa, secondo cui la vita sulla terra sia comparsa grazie agli impatti con comete e meteoriti, sembra fondarsi su basi solide, eppure lo studio apparso sulla rivista Journal of Cosmology che annuncia il ritrovamento di microscopici gusci di diatomea nella stratosfera terrestre non può che destare scalpore ed incredulità. Cinque ricercatori affermati del Regno Unito hanno inviato per i loro studi un sistema di rilevamento, costituito da un pallone stratosferico con dei campionatori automatici, a circa 25 km di altitudine. Questo campionatore volante aveva il compito di catturare a quote prestabilite aria rarefatta e il pulviscolo in essa contenuto in modo da conservarli senza contaminazioni fino al momento degli esami di laboratorio. Lanciato dalle vicinanze di Liverpool il 31 luglio scorso, dopo aver completato i prelievi, una volta raggiunta quota di 27 km, parte del congegno si è sganciato dal pallone per ricadere morbidamente a terra con l’ausilio di un paracadute non lontano da Wakefield. È stato assicurato dai ricercatori che tutto è andato per il verso giusto, che i campionatori non presentavano nessun danno, che non è avvenuta nessuna contaminazione alle diverse altitudini e che tutte le parti erano state ben sterilizzate prima dell’inizio del test. L’intenzione era quella di studiare i batteri ed il pulviscolo atmosferico presente ad alta quota con particolare attenzione a quei batteri, detti estremofili, capaci di sopravvivere a temperature che scendono di decine di gradi al di sotto dello zero ed in presenza di forti radiazioni ultraviolette. La teoria è che questi batteri arrivino alle elevate altitudini per mezzo di forti correnti ascensionali dalle basse quote.
Lo stupore è dovuto al ritrovamento fatto nel filtro relativo alla quota 25 km: un impercettibile tratto di guscio di diatomea, organismo unicellulare, facilmente ritrovabile nelle acque del nostro pianeta. Secondo molti, tali gusci, essendo fino a cento volte più grandi dei batteri sopracitati, non potrebbero raggiungere quegli strati dell’atmosfera a causa del peso. Quale potrebbe essere la spiegazione per un simile ritrovamento? Gli scienziati hanno pensato ad un fenomeno vulcanico che avrebbe potuto proiettare le diatomee con la colonna ascendente di detriti, ma la forza di gravità impiegherebbe poche ore a riportare ogni frammento al livello del mare. Inoltre l’ultima eruzione imputabile dovrebbe essere quella del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010, troppo lontana nel tempo per poter essere presa in considerazione. La conclusione, per i ricercatori capitanati da Milton Wainwright e Chandra Wickramasinghe, allievo e collega del più autorevole sostenitore della panspermìa, Fred Hoyle, è che questi frammenti provengano dallo spazio e più precisamente dai resti della cometa che ha generato lo sciame delle Perseidi che ogni estate illumina i nostri cieli estivi con la pioggia di meteore.
Come è lecito pensare, la comunità scientifica è scettica davanti a tali argomentazioni ed è anzi più propensa ad un errore di pulitura del campionatore o dello stesso pallone che potrebbe aver contaminato i filtri in qualsiasi momento. Per il momento questa “scoperta” dovrebbe soltanto incuriosire e spingere verso uno studio più accurato. Poco importa se lo stesso Wickramasinghe ha già una volta dovuto sopportare una cocente delusione scambiando una roccia terrestre (folgorite) per un meteorite, nello Sri Lanka, e poco importa se proprio dentro questa roccia aveva trovato delle Diatomee fossili.
Paolo Licciardello







Lascia un commento