Sciolte le riserve sulla morte del poeta cileno Pablo Neruda. Dopo sei mesi dalla riesumazione della salma, infatti, un team composto da 15 medici legali ha smentito la presenza di tracce di veleno nelle sue spoglie.
Il poeta era stato riesumato nell’aprile del 2013 a quarant’anni dalla sua morte. A far nascere sospetti sulla sua scomparsa erano state le parole del suo autista Manuel Araya che aveva sempre sostenuto che il poeta cileno fosse stato avvelenato, forse su ordine del dittatore Augusto Pinochet. Neruda, infatti, era deceduto 12 giorni dopo il colpo di stato che aveva portato al potere in Cile Pinochet, l’11 settembre 1973, dopo la destituzione del presidente socialista Salvador Allende.
Erano stati proprio i dubbi sollevati da Araya sugli ultimi giorni di vita del poeta a far riaprire due anni fa le indagini. L’autista aveva dichiarato che Neruda era pronto a fuggire in esilio in Messico, quando un medico gli aveva iniettato una sostanza che aveva fatto precipitare rapidamente le sue condizioni di salute. A sostenere l’ipotesi di Araya c’era un articolo uscito il giorno dopo la morte di Neruda sul Mercurio, un giornale vicino alla destra, nel quale si faceva riferimento a un’iniezione fatta dal medico al poeta prima della morte. Neruda, infatti, non era solo un poeta, ma anche un politico e un diplomatico, molto vicino a Salvador Allende. Il sospetto era che Augusto Pinochet l’avesse fatto uccidere per evitare che diventasse un punto di riferimento molto forte per i dissidenti del regime.
Ma le parole di Patricio Bustos, direttore del team di medici legali che hanno eseguito test sul corpo del poeta mettono fine a queste ipotesi: “Non abbiamo trovato nessuna traccia di agenti chimici”. La causa ufficiale del decesso rimane cancro alla prostata.
Aurora Circià








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