La Russia non gode di buona fama a livello internazionale nel campo delle libertà e dei diritti civili. E Putin pare finalmente essersene reso conto. O almeno le imminenti Olimpiadi Invernali di Sochi gli impongono di farlo. E di correre, per quanto possibile, ai ripari.
Va probabilmente letta in quest’ottica la decisione da parte del Cremlino di concedere l’amnistia alle Pussy Riot e ai 30 attivisti di Greenpeace “Artic30” (tra i quali anche l’italiano Cristian D’Alessandro).
Amnistie alle quali si è aggiunta anche quella, voluta e annunciata dallo stesso presidente Vladimir Putin, concessa a Mikhail Khodorkovski, l’uomo più ricco e potente di tutta la Russia prima del suo arresto.
Khodorkovski era proprietario della Yukos, la potente compagnia petrolifera unica rivale della statale Gazprom. Ma, soprattutto, era un dichiarato oppositore di Putin, con il chiaro progetto di entrare in politica. Una discesa in campo mai avvenuta, dato che, nel 2003, venne arrestato, per essere poi condannato nel 2005 per frode fiscale. La pena impostagli era di otto anni di carcere da scontare nella fredda e lontana Siberia.
Molti, però, sono stati i sospetti circa la reale natura del processo intentato nei confronti di Khodorkovski. La matrice fiscale, infatti, è sempre parsa piuttosto debole. Per molti si trattò più semplicemente di un processo politico con il quale Putin poteva mettere fuori gioco il suo più temibile avversario. L’uomo, inoltre, quando era in procinto di essere scarcerato, fu nuovamente processato, con l’accusa di riciclaggio, e condannato a sette anni di carcere, pena poi ridotta a quattro anni.
L’imprenditore nel corso dei suoi dieci anni di detenzione in Siberia si è sempre proclamato innocente, denunciando numerose volte l’ingiustizia del suo processo.
Aurora Circià









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