Si è spento nel Centro medico di Sheba di Tel Hashomer Ariel Sharon. L’ex premier israeliano era entrato in coma il 4 gennaio 2006 in seguito a una grave emorragia cerebrale. Da allora non si era più risvegliato. Nei giorni scorsi le sue condizioni erano state definite molto critiche a causa del cedimento dei reni e dei polmoni.
Senza dubbio, viene a mancare una delle figure più importanti e controverse dello stato di Israele.
La sua ascesa comincia da militare: molto giovane entra a far parte dell’esercito clandestino ebraico, per poi, negli anni 50’, guidare l’Unità 101, la forza speciale di rappresaglia contro gli attacchi terroristici sul suolo israeliano. Nel 1967 combatte la Guerra dei Sei Giorni nel Sinai: sue sono le azzardose manovre contro gli egiziani rivelatesi vincenti. Si impone così come una delle principali figure dell’esercito.
Sembra avviato a diventare in breve Capo di Stato Maggiore, ma il ministro della Difesa Moshe Dayan si oppone alla sua nomina nel 1972. Sharon decide allora di abbandonare la divisa per dedicarsi totalmente alla politica: fonda il Likud (un partito fusione di tutte le liste di destra).
Nel 1973 viene richiamato alla armi per prendere parte alla guerra del Kippur, in seguito alla quale lascia in via definitiva l’esercito come protesta contro la decisione del governo di negoziare la pace.
Nel 1982 ricopre la carica di ministro della Difesa: a lui si deve la decisione di invadere il Libano, nonostante le dichiarate perplessità del premier Begin.
Nel 2000 si rende protagonista della passeggiata nella Spianata delle moschee di Gerusalemme, atto polemico volto a ribadire la sua intenzione di far tornare sotto l’egida di Israele anche quella parte della città controllata dai palestinesi.
Sharon ricopre la carica di primo ministro israeliano dal 2001 al 2006, fino a quando viene destituito a causa delle sue condizioni di salute. Durante quegli anni fa costruire il muro che separa Israele dai territori palestinesi in Cisgiordania, e decide il ritiro dalla striscia di Gaza.
Nel 2002 rischia di essere incriminato dall’Aja per crimini di guerra perpetrati quando era ministro della Difesa nel 1982, a causa del massacro di Sabra e Hatila (in quell’occasione migliaia di civili palestinesi furono uccisi dai soldati libanesi appoggiati da quelli israeliani). Il principale accusatore di Sharon, Elie Hobeika, il comandante che guidò le milizie libanesi nei campi profughi di Sabra e Shatila, muore vittima di un’autobomba a pochi giorni dal processo. L’attentato viene rivendicato dai “Libanesi per un Libano Libero e Indipendente”, ma rimangono parecchie perplessità sull’accaduto.
Nel 2006 abbandona il Likud per fondare un nuovo partito, il Kadima. Colpito da una grave emorragia celebrale, Ariel Sharon entra in coma, restandovi per otto anni, fino alla sua morte, l’11 Gennaio 2014.
Aurora Circià







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