Apertura nuovo anno giudiziario: tensione tra politica e magistratura


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Nella propria relazione per l’apertura del nuovo anno giudiziario, il primo presidente della Corte di Cassazione Giorgio Santacroce si sofferma, con molto rammarico, sulla tensione ancora esistente tra politica e magistratura. 

Tensione che, a parere di chi scrive, sarà sempre una costante ineliminabile, a meno di non voler eliminare qualsivoglia distinzione tra due realtà che devono per forza di cose (o per meglio dire dovrebbero)rimanere separate.

“Il risvolto più doloroso- come sottolineato da Santacroce il quale, rivolgendosi Napolitano, pone per l’appunto l’accento sulle conseguenze di tali contrasti – è una delegittimazione gratuita e faziosa, che ha provocato, goccia dopo goccia, una progressiva sfiducia nell’operato dei giudici e nel controllo di legalità che a essi è demandato”.

Un altro punto dolente viene poi portato alla luce, un marchio indelebile di vergogna: il sovraffollamento delle carceri.

In attesa di “riforme di sistema” non c’è (o non ci sarebbe) “altra via che l’indulto”, scarcerando chi “non merita di stare in carcere ed essere trattato in modo inumano e degradante”.

Qualche merito viene, comunque, riconosciuto alla casta: Santacroce loda, infatti, le proposte formulate dalle Commissioni, istituite presso il ministero della Giustizia, per snellire il processo civile e smaltire l’arretrato e, sul versante penale, le iniziative volte “a restringere l’area delle sanzioni detentive e a contenere il ricorso alla custodia cautelare, acquisendo una maggiore consapevolezza critica della sua funzione di extrema ratio da utilizzare entro i confini più ridotti possibili”.

“Non può esserci una efficiente ‘Europa dei mercati’, se ad essa non si accompagna una forte ‘Europa dei diritti'”, ribadisce il presidente, che rileva (non sarebbe comunque stato necessario ribadirlo, essendo un dato incontestabile) come sul fronte dei diritti umani in Italia ci siano “gravi inadempimenti degli obblighi assunti” in sede europea.

Ovviamente, ogni occasione è gradita per parlare degli effetti della crisi economica (piaga che segna ormai tutti i nostri affari), effetti che si ripercuotono ovviamente sul versante giustizia:”La congiuntura economica, caratterizzata da nuove povertà e dalla costante diminuzione di occasioni di lavoro, ha determinato poi un generalizzato aumento dei reati contro il patrimonio, in particolare dei furti in abitazione, mentre diminuiscono, malgrado le enfatizzazioni giornalistiche, gli omicidi, che registrano il più basso tasso di frequenza nella storia d’Italia degli ultimi 150 anni”. 

Anche la Cancellieri non perde la ghiotta occasione per intervenire e per rimarcare i ritardi derivanti dagli scontri tra politica e magistratura: “È un fatto che lo scontro politico e istituzionale che va avanti ormai da tempo, ha contribuito a rallentare il percorso riformatore di cui il Paese ha urgente bisogno”, ha affermato, sottolineando la necessità di un approccio pragmatico, a cui la stessa si sarebbe ispirata per affrontare le riforme sulla giustizia.

Contro le reazioni di chiusura che caratterizzano l’ambiente giudiziario, reazioni che si palesano in tutta la loro forza quando lo stesso viene attaccato dall’altro polo (quello dei politici), Santacroce invita al contrario i colleghi a “mettersi in discussione e abbandonare posizioni consolidate. Il che significa per i magistrati percorrere con convinzione la strada della responsabilità istituzionale, sentirsi sempre meno potere e sempre più servizio come vuole la Costituzione, abbandonare inammissibili protagonismi e comportamenti improntati a scarso equilibrio, assumere improprie missioni catartiche e fuorvianti smanie di bonifiche politiche e sociali”.

Le buone intenzioni sembrano esserci tutte, ma delle parole echeggiano nei ricordi “La magistratura ha sempre rivendicato la propria indipendenza, lasciandosi in realtà troppo spesso irretire surrettiziamente dalle lusinghe del potere politico. Sotto la maschera di un’autonomia formale, il potere ci ha fatto dimenticare la mancanza di un’autonomia reale. Abbiamo sostenuto con passione la tesi del pubblico ministero indipendente dall’esecutivo, accorgendoci troppo tardi che, per un pubblico ministero privo di mezzi e delle capacità per un’azione incisiva, autonomia e indipendenza effettive sono un miraggio o un privilegio di casta” (Falcone).
Angela Scalisi 

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