Dopo 8 anni la Corte Costituzionale dichiara illegittima la Legge Fini-Giovanardi, approvata con il decreto legge sulle Olimpiadi invernali di Torino del 2006, che aveva equiparato droghe pesanti e droghe leggere.
Ecco, dunque, la riviviscenza della legge Lervolino-Vassalli, nella sua versione a sua volta modificata dal referendum del ’93 che, al contrario della legge appena bocciata, prevede la comminazione di pene più basse per l’uso delle droghe leggere.
La pronuncia della Consulta, avvenuta a seguito della rimessione della questione di legittimità costituzionale da parte della terza sezione penale della Corte di Cassazione, ha accertato un eccesso di delega, in quanto nella legge di conversione sono stati inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto: si legge, per l’appunto, nel comunicato ufficiale rilasciato che “La Corte costituzionale nella odierna Camera di consiglio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – per violazione dell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge – degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49, così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309”.
In particolare, con la Legge Fini-Giovanardi, oggi dichiarata incostituzionale, erano state inasprite le pene con l’innalzamento dei minimi e massimi edittali: si era passati dalla previsione della reclusione dai 2 ai 6 anni (pena prevista per lo spaccio di hashish), alla reclusione dai 6 a 20 anni, con la previsione anche di una multa compresa tra i 26mila e i 260mila euro.
Non sono ancora chiari gli effetti normativi della recentissima decisione, essendo incerto, in attesa della pubblicazione estesa delle motivazioni della pronuncia, se le nuove disposizioni avranno effetto retroattivo. Per i nuovi reati, invece, o per chi ha ancora un processo in corso, il cambiamento normativo avrà sicuramente ripercussioni ed effetti notevoli, con un’incidenza importante sulle file di coloro che “non” andranno più ad aumentare la “popolazione carceraria” e con effetti deflattivi anche sul carico dei procedimenti penali: uno studio del Centro Nazionale di Ricerca condotto alcuni mesi fa da Sabrina Molinaro aveva, per l’appunto, già evidenziato che senza la legge ormai bocciata ben il 14% della popolazione carceraria sarebbe stata libera.
Ovviamente non rimane in silenzio Carlo Giovanardi, fautore della legge, che dichiara, evidentemente un po’ infastidito, come: “La legge è entrata in vigore all’ inizio del 2006 e nessuno dei governi e dei parlamenti eletti nel 2006, 2008 e 2013, con maggioranze di centrosinistra, di centrodestra o tecniche ha mai provveduto a modificarla. Prendo atto che dopo otto anni la corte costituzionale scavalca il parlamento confermando alcuni articoli aggiunti nella legge di conversione e annullandone altre sulla base anche di una ben orchestrata campagna promozionale”.
Non si mette in dubbio che la campagna promozionale ci sia stata, ma a questo punto occorre sicuramente un nuovo intervento normativo (non essendo nemmeno politicamente corretto il semplice ritorno ad una vecchia legge), sorretto da una capillare indagine mediatica sul tema, che porti a decisioni ponderate e a valutazioni appropriate su uno dei temi/tabù più in voga negli ultimi decenni, non solo in Italia.
Angela Scalisi







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