L’ultimo segreto della cupola di Brunelleschi


Massimo Ricci, l’architetto che ha dedicato la sua vita alla cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze

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Come spesso accade sembra di essere davanti ad una storia in stile Dan Brown: coincidenze, l’anniversario della morte di un illustre italiano come Brunelleschi, processioni in abiti rinascimentali, preziosi broccati indossati da giovani fanciulle col viso incorniciato da corone di alloro, corazze ed armi, melodie ormai dimenticate; ed ancora, un caparbio architetto, uno studioso d’altri tempi come Massimo Ricci che ha dedicato l’intera sua vita al suo più grande “amore”: il progetto della cupola del Brunelleschi per il duomo di Firenze.

Uno stupendo articolo pubblicato dalla National Geographic racconta di questo ultimo incontro con l’architetto fiorentino durante la cerimonia dedicata al 567° anniversario della morte di Brunelleschi, di come abbia scoperto anche l’ultimo dei segreti riguardante le modalità di costruzione di quella che tutt’oggi è la più grande cupola al mondo realizzata in muratura. Non a caso qualcuno dice di vedere accanto a Ricci l’aura del grande architetto rinascimentale, egli stesso afferma che nell’arco della sua vita ha instaurato con Brunelleschi un rapporto spirituale: “A volte mi sento colmo di gratitudine per ciò che ha compiuto e per ciò che egli ci ha lasciato. Altre volte mi frustra tanto e gli dico di andare all’inferno”.

Massimo Ricci è anche sicuro del fatto che per svelare tutti i misteri che Brunelleschi si è portato sin dentro la tomba si ha davvero bisogno del suo fantasma e dei suoi consigli sussurrati all’orecchio. È fuor di dubbio che la cupola, come l’intero duomo, susciti ancora stupore tra i visitatori, gli architetti e i fiorentini stessi. Si è da tempo scoperto che il posizionamento a spina di pesce dei mattoni sembra essere una caratteristica fondamentale dell’immensa struttura; la genialità si esprime già nello sfruttamento del concetto della doppia cupola, l’una inserita dentro l’altra. Eppure, un po’ come accade per le antiche piramidi egizie, non è semplice spiegare come abbiano fatto a posizionare tutti i mattoni, le travi in pietra e tutti gli altri elementi. Ricci in tutti questi anni, 40 per l’esattezza, non si è lasciato prendere dallo sconforto, il sapore della scoperta non ha paragone. L’unico metodo alla Brunelleschi da lui conosciuto era quello che procede per tentativi; per tale motivo ha costruito modelli in scala delle gru e dei montacarichi inventati dall’architetto fiorentino, ha perlustrato la cupola da cima a fondo ed attraverso tutti i suoi strati alla ricerca degli indizi rivelatori, effettuando una mappatura dell’insieme ed incrociando i dati con tutti i documenti archiviati, compresi quelli risalenti al periodo della costruzione che avvenne tra il 1418 (anno in cui si bandì il famoso concorso pubblico) ed il 1436.

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D’aiuto risultò di sicuro il modello in scala della cupola che Ricci costruì vicino l’Arno, nel parco dell’Anconella, per comprendere come i mattoni fossero stati messi in opera. Il segreto sta tutto nell’uso che Brunelleschi fece di una rete di catene fisse e mobili che permisero il posizionamento non solo dei mattoni ma anche delle travi e dei blocchi. Dopo aver collocato una pietra a forma di stella in sommità, Ricci dispose, partendo dalle otto punte della stella, otto catene, a raggiera e verso il basso, uncinate alle pareti nel punto angolare del piano ottagonale. Successivamente alle catene vennero unite, in orizzontale, delle corde col compito di tracciare degli archi lungo gli otto lati delle pareti che man mano venivano elevate. Questa tecnica, qui riproposta in termini semplificati, permise di far innalzare gli otto lati del tamburo verso il centro con lo stesso angolo, dando forma alla cupola.

Ciò che colpisce l’immaginazione è la figura creata dall’intreccio di corde e catene: il fiore. Tutto, dunque, sembra riconducibile ad un fiore: il nome stesso della cattedrale è Santa Maria del Fiore, il simbolo della città di Firenze è un fiore, il giglio.

Per Ricci questa è una ulteriore conferma della sua teoria: la cupola altro non è che un incastro perfetto di petali e di mattoni.

 

Paolo Licciardello

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