Innumerevoli sono le motivazioni e le attrazioni che ci spingono a visitare e scoprire la grande Cina, ed il sito del lago Qiandao è certamente una ragione in più che ha dello straordinario. Quest’ultimo in realtà, altri non è che un lago artificiale. Venne creato nel settembre del 1959, quando il governo cinese ritenne necessario fornire alla crescente Hangzhou, capitale della provincia di Zhejiang, una nuova centrale idroelettrica con attiguo bacino. E proprio per creare la riserva idrica delle centrale, nacque il Qiandao. Nulla di insolito; se non fosse che per far ciò vennero sommersi 1377 villaggi, circa 50.000 ettari di terreni agricoli ed in particolare due magnifiche città antiche: Shi Cheng e He Cheng. Queste, prima che la valle venisse allagata, sorgevano ai piedi del monte Wu Shi (montagna dei cinque leoni). Shi Cheng, difatti, prende il nome proprio dalla montagna e fu fondata nel 621 durante la dinastia Tang come importante polo economico, politico e culturale. He Cheng, fondata ancora prima (nel 208, sotto la dinastia Han), invece spiccava per la sua posizione, che la rendeva un florido porto lungo il fiume Xin’an. La radicale scelta del governo, accecato dai propri fini economici, portò così al trasferimento di circa 290.000 persone ed alla nascita, dell’altresì conosciuto, Lago delle mille isole.
L’attuale aspetto del Qiandao, difatti, ci fa scorgere migliaia di isole e isolotti sparsi, tra cui le popolari Isola delle scimmie e Isola degli Uccelli ; nonché lussureggiati foreste tropicali contornate da acque cristalline in buona parte potabili, ed infatti, fonti di produzione del famoso marchio di acqua minerale Nongfu.
Solo dopo più di quarant’anni, nel 2001, Qiu Feng, funzionario locale responsabile del turismo, pensò bene di spedire uno staff di sub alla ricerca delle città sommerse. Furono subito trovate e praticamente intatte, dai templi e le mura di cinta alle semplici abitazioni e strade pavimentate; preservate dagli agenti atmosferici grazie all’acqua. Tanta fu la meraviglia della scoperta, che le ricerche continuarono ancora per anni; riportando alla luce altre tre agglomerati e facendo già pregustare i sicuri introiti dalla trasformazione delle città in siti turistici. Ma da lì nasceva la questione più importante: come mantenere e rendere visitabili le rovine. Inizialmente venne costruito un sottomarino ad uso civile capace di trasportare 48 passeggeri, ma temendo che le forti correnti che esso genera potessero danneggiare gli edifici, in realtà non venne mai utilizzato. Fu proposta la costruzione di un ponte subacqueo galleggiante, ma sempre per ragioni di sicurezza l’idea fu subito soppiantata. Così ora l’unico modo di ammirare da vicino, in particolare Shi Cheng, ribattezzata anche l’“Atlantide cinese”, è di armarsi di bombole e muta e partecipare alle immersioni organizzate dall’associazione di Scuba diver. Questi tour scendono ad un profondità di 25 metri, permettendo di contemplare le cinque porte d’ingresso alla città, con le loro torri alte tra i 7 e gli 8 metri, e decorate con figure di fenici, cervi, leoni, chimere.
Rimane, però, pressoché irrisolto il problema della preservazione delle rovine; tant’è che il governo cinese è tutt’ora alla ricerca di una soluzione che sappia sfruttare le nuove tecnologie e garantire lunga vita a questi reperti unici nel loro genere.
Valeria Rita Torrisi









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