Tasi: Nuova stangata per i cittadini e le imprese.


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Il Neo – Governo approva il decreto legge sugli enti locali, che ratifica l’accordo siglato dal precedente esecutivo con l’Anci e che, nella sostanza sulla prima abitazione, avrà effetti equivalenti a quelli prodotti dalla tassazione Imu del 2012.

Il carico fiscale sulla prima casa, infatti, resta sostanzialmente lo stesso nel passaggio dall’Imu alla Tasi, con la  possibilità per i sindaci di aumentare l’aliquota, “per ciascuna tipologia di immobile”, fino ad un massimo dello 0,8 per mille complessivo.

“L’incremento può essere deliberato dai comuni a condizione che il gettito relativo sia destinato a finanziare detrazioni o altre misure relative all’abitazione principale in modo tale che gli effetti sul carico dell’imposta Tasi siano equivalenti a quelli dell’Imu prima casa”, spiega Palazzo Chigi.

Insomma l’aliquota sulla prima casa potrà salire dal 2,5 al 3,3 per mille, mentre il prelievo sulle altre abitazioni, come somma di Imu e Tasi, potrà variare dal 10,6 all’11,4 per mille.

La solita mazzata per i cittadini, ma soprattutto per le imprese italiane, che già stremate dalla crisi, subiranno un nuovo colpo: una stangata di almeno un miliardo di euro.

Colpiti dalla nuova tassa anche gli immobili della Chiesa, eccezion fatta solo per i circa venticinque immobili capitolini “protetti” dai Patti lateranensi e per il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Per la prima volta, quindi, dovrebbero essere tassati anche i luoghi strettamente dedicati al culto o alle attività “no – profit” svolte all’interno delle strutture ecclesiastiche. Vi è di più; nel caso di immobili della Chiesa ove vengano svolte attività commerciali, secondo quanto si apprende, alla Tasi si dovrebbe sommare anche l’Imu. Conseguentemente per gli immobili “misti”, in parte dedicati al culto e in parte dedicati alle attività commerciali, si dovrebbe pagare sia la Tasi sia l’Imu per la quota di immobile che “fa profitto”. Imu e Tasi sono infatti diverse: la prima colpisce il patrimonio; la seconda – calcolata sulla medesima base imponibile dell’Imu – è destinata alla copertura di una serie di servizi, quelli indivisibili, offerti dai comuni ai cittadini.

Il decreto dovrà ora superare l’esame parlamentare, ma quantomeno un piccolo passo avanti (un po’ disastroso, sotto alcuni punti di vista non irrilevanti) è stato fatto, raggiungendo il tanto faticoso accordo governo/sindaci.

Angela Scalisi

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