A febbraio, abbiamo visto Pompei come protagonista del film di Anderson; in cui con uno spettacoloso lavoro di effetti speciali, il regista si è tanto affannato nel rendere la disastrosa eruzione che seppellì la cittadina. Un po’ paradossale il tempismo, proprio in questo periodo in cui le continue piogge sembrano doverci far scongiurare una nuova fase ‘distruttiva’ per il suo sito archeologico. Proprio per le sue rovine, l’insediamento ai piedi del Vesuvio è divenuto nel 1997 patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Pompei, così come Ercolano e le città limitrofe, costituiscono infatti testimonianza unica di struttura sociale conservatasi pressoché intatta. Ed il ‘pressochè’ purtroppo negli ultimi anni ha acquisito sempre più spessore; dato che ormai dal 2010 a questa parte, per non parlare degli anni precedenti, i crolli sono sempre più all’ordine del giorno. E così da allora è sempre stato un passaggio di responsabilità da un ente all’altro, da un ministro all’altro. Il neo-ministro ai Beni culturali Dario Franceschini, ha commentato la vincita del premio Oscar de ‘La Grande Bellezza’ di Sorrentino, come un incentivo ad investire sulla bellezza; forse dimenticandosi che ha proprio lui in mano il dovere di fare concretamente di questi investimenti. E si rimane un po’ con l’amaro in bocca, al pensiero che fu proprio il citato Franceschini ad aver incitato con veemenza le dimissioni dell’allora ministro della Cultura, Sandro Bondi, proprio per lo stato di incuria del sito di Pompei.
Nel 2010, quando crollò la ‘schola armaturarum’ ossia la scuola dei gladiatori, il presidente Napolitano la definì ‘una vergogna per l’Italia’; e come non definirla tale, essendo uno dei più virtuosi esempi conservatisi di affreschi parietali figuranti gladiatori. La struttura si sbriciolò sotto il peso di un tetto in cemento armato e per le infiltrazioni. È sono proprio quest’ultime le principali responsabili dei crolli successivi; difatti l’obiettivo dovrà essere provvedere a fornire a questi terreni un drenaggio forte delle acque piovane. In questo mese, siamo arrivati a tre crolli nell’arco di tre giorni, sempre dovuti alle forti piogge; i primi hanno causato la caduta di una parte di intonaco non affrescata dell’atrio della domus della Venere in Conchiglia ed ancora frammenti di intonaco dal muro del Tempio di Giove, mentre l’ultimo ha causato l’abbattimento di un pezzo di muro di 2,5 metri d’altezza per quattro di lunghezza in via Nola. Giovanni Puglisi (presidente della commissione Nazionale Italiana per l’Unesco) ha lanciato l’allarme: “Non c’è più tempo da perdere, o viene giù tutto”. Ma finché non si avrà una pianificazione strategica di tutto punto, e si riusciranno a sfruttare al meglio i fondi del Grande progetto Pompei, non si riusciranno ad ottimizzare le condizioni del sito. E soprattutto, finché sarà la stessa burocrazia inetta Italiana a rallentare questo progetto, e non si monitoreranno meglio le infiltrazioni camorristiche che negli anni ci hanno speculato sopra tramite appalti truccati; il funesto destino di Pompei non muterà.
Valeria Rita Torrisi







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