Turchia: Erdoğan blocca Twitter


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È un attacco alla libertà di espressione quello attuato in Turchia dal premier Erdoğan. Poco prima della mezzanotte del 20 marzo, l’ente statale turco che si occupa di tecnologie e comunicazioni, il Direttorato per la Telecomunicazione (TIB), ha messo in pratica un’ordinanza del tribunale di Istanbul bloccando Twitter. Subito sono nati in risposta gli hastag #TwitterisblockedinTurkey e #DictatorErdogan, per protestare contro il primo ministro conservatore Recep Tayyip Erdoğan.

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La legge che ha permesso all’ente di applicare l’interruzione del social network era stata approvata lo scorso febbraio dal Parlamento, e consente al ministero delle Comunicazioni (e in special modo al TIB) di bloccare senza difficoltà contenuti online ritenuti illegali o che violino la privacy. Inoltre il provvedimento  obbliga a tenere traccia dei dati di navigazione degli utenti e a consegnarli alle autorità senza avvisare gli interessati.

Una guerra ai social network che il premier turco ha annunciato in occasione del comizio tenutosi a Bursa proprio il 20 marzo, a pochi giorni dalle elezioni locali: “Estirperemo Twitter, non mi interessa cosa dice la comunità internazionale, è contro la sicurezza nazionale”. Proprio questa presunta volontà di preservare la sicurezza degli utenti è stata messa in primo piano nel messaggio apparso a quanti tentavano di connettersi al social network: “Il sito è stato bloccato per garantire la vostra sicurezza”.

Twitter ha assistito i suoi utenti consigliando 3 modi per eludere il blocco dei messaggi: si può infatti twittare senza difficoltà via sms, cambiando il dns o usando un programma tor.

Non è la prima volta che Erdoğan si scaglia contro i social media. Con una norma approvata nel 2007, il governo turco aveva già imposto il divieto di usare WordPress, DailyMotion, Vimeo e YouTube. Per quest’ultimo l’accesso è stato ripristinato nell’ottobre del 2010; gli altri siti invece sono tutt’oggi bloccati.

Tutta questa serie di violazioni alla libertà di espressione ha fatto sì che la Turchia nel 2013 si piazzasse al 154° posto, su 179, nella classifica mondiale sulla libertà di stampa stilata da Reporters senza frontiere.

 

Aurora Circià

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