Le Corbusier la definiva ‘una macchina in cui vivere’; Frank Lloyd Wright la modellava come una struttura organica; ciascuno di noi la immagina a propria misura, e da sempre è il lavoro degli architetti, nonché ambizione e passione, progettarla: la casa. Ma dopo aver progettato le case, le città, gli spazi collettivi degli altri, gli architetti dove trovano propria dimora? Come definiscono i loro spazi privati? Attraverso istallazioni ispirate ai vari modi di definire gli spazi domestici, è proprio obiettivo della mostra-evento ‘Dove vivono gli architetti’, mostrarcelo. Dal 8 al 13 aprile, al padiglione 9 di Fiera Milano Rho, grazie al lavoro di Francesca Molteni (curatrice della mostra) e dell’architetto e scenografo Davide Pizzigoni; si potranno, infatti, scoprire le case di otto illustri nomi dell’architettura. In un viaggio che porta da Milano a New York, da Tokyo a San Paolo, tramite video, immagini, suoni ed interviste; si analizzerà il tema della casa, attraverso una lettura figurativa e paradigmatica delle ‘stanze’ degli architetti. Partendo dalla consapevolezza che proprio l’ambito dell’architettura domestica, in stretto connubio con il design, è quello più aperto alla sperimentazione ed alla ricerca, per la definizione delle nuove tendenze dell’abitare contemporaneo.
A Milano, si entrerà nella casa-libreria di Mario Bellini. All’interno di un edificio ottocentesco rivisitato da Piero Portaluppi, egli ha ricavato la sua abitazione, definendola intorno ad una grande scala-libreria centrale, alta nove metri. Così come, anche Daniel Libeskind, ha creato la sua casa come un rifugio pieno di libri; e dove l’elemento di spicco è un tavolo con piano in granito e gambe rosse. Questo è il primo tavolo da lui progettato e l’unico arredo che da anni lo segue nelle sue diverse abitazioni; dalla prima in cui non vi era nulla all’infuori, proprio, del tavolo, all’attuale a New York. A Berlino, sarà la volta dell’Inglese David Chipperfield, che stabilitosi nel centrale quartiere di Mitte, ha creato un complesso dove oltre alla sua casa ed il suo studio, si trova una caffetteria in cortile, aperta al pubblico. Come lui stesso la definisce, si tratta di una “frontiera tra il comfort privato ed il primo passo verso le altre persone”. La sua sobria abitazione in cemento, è invece arricchita da pochi pezzi di design ed arredi italiani degli anni ’50 e ’60; e distinta per unico colore tenue, da cui poi spiccano solamente l’arancione della libreria tra soggiorno e cucina, ed il verde di un divano in velluto. A Parigi, saranno i coniugi Massimiliano e Doriana Fuksas ad aprire le porte del loro complesso su Place des Vosges; dove in spazi abbastanza minimali, si circondano di opere d’arte di Lucio Fontana e Mimmo Paladino, e degli arredi di Jean Prouvé. Maggiormente ispirata al concetto di open space, è poi la casa di Zaha Hadid, che, nel cuore di Londra, si anima di oggetti e disegni dei suoi primi progetti. La casa Giapponese di Shigeru Ban è, piuttosto, una grande architettura tra gli alberi nella foresta Hanegi, in cui la luce fa da padrona. Così come, anche la casa di Bijoy Jain, che immersa nella natura al centro di Mumbai, dispone anche di una grande piscina tra alberi secolari e di una ‘reading room’ per meditare, disegnata dallo stesso Bijoy per catturare luci ed ombre del giorno. La sua è una abitazione speciale, però, anche dal punto di vista dell’uso che ne fa; perché in realtà è un’abitazione collettiva, dove vivono e lavorano anche i 60 artigiani che sono con lui, parte fondante dello Studio Mumbai. Infine spostandosi in sud America, ci accoglierà Marcio Kogan che, nel cuore di San Paolo, dimora al dodicesimo piano dell’edificio da lui stesso disegnato e realizzato grazie al suo primo concorso vinto. Rimanendo fedeli all’anima caotica della città, egli si affaccia sulla città godendone e sentendosi parte attiva della sua nevrotica vita.
Una mostra dunque, da cui poter apprendere e prendere spunto su nuovi modi di concepire le proprie case, spazi, arredi e materiali.
Valeria Torrisi







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