“Strani nuovi mondi”, sembra essere la solita frase presa in prestito da film famosi ma, in questi casi, è sempre un piacere ripeterla. La luna Encelado, la sesta di Saturno, ha da sempre destato molta curiosità per la sua superficie candida e ghiacciata ma comunque solcata da una miriade di spaccature. Gli scienziati, alla ricerca di una risposta, immaginavano che qualcosa al di sotto della crosta ghiacciata imprimesse una forza maestosa. Finalmente si è scoperto, grazie alla sonda Cassini, che nella zona del Polo Sud del satellite si nasconde una riserva d’acqua e la notizia è stata riportata al mondo scientifico dalla rivista Science.
La ricerca è stata svolta da una équipe di studiosi americani ed italiani affidati a Luciano Iess, del dipartimento di ingegneria meccanica e aerospaziale dell’università Sapienza di Roma, coadiuvati dai ricercatori dell’Università di Bologna Marzia Parisi, Marco Duci e Paolo Tortora. Ma quale è stata la metodologia di studio? La scoperta è arrivata dalle osservazioni effettuate sugli effetti della gravità di Encelado sulla sonda Cassini che nelle sue rivoluzioni intorno al gigante gassoso si è avvicinata anche alla luna. La descrizione di Encelado è presto fatta: si tratta di un satellite naturale di Saturno ricoperto interamente da un manto ghiacciato dello spessore di 40 chilometri; presenta un diametro di 500 chilometri, addirittura è sette volte più piccolo della nostra Luna eppure impressiona per un’altra delle sue peculiarità, ovvero per i suoi getti d’acqua dalle dimensioni inimmaginabili.
Nel Polo Sud è stata dunque rilevata una depressione di circa un chilometro che ha fatto pensare ad uno strato sottostante differente dal solito. Le misurazioni gravitazionali hanno portato a stabilire che, in quella zona, intorno al nucleo roccioso di Encelado, esiste una cospicua riserva d’acqua allo stato liquido, per uno spessore di almeno 10 chilometri, ricoperto dal solito strato di ghiaccio. Qualcosa fa presagire a Iess e compagni che ci sia qualcosa di simile anche nell’emisfero Nord.
In dodicimila chilometri cubi d’acqua direttamente a contatto col nucleo roccioso si potrebbero creare le condizioni per lo sviluppo di un qualche tipo di vita (sulla Terra ne abbiamo diversi esempi). Mentre su Europa, uno dei satelliti naturali di Giove, le ricerche concentrate sul campo magnetico stanno ancora verificando la presenza potenziale di un mare celato, su Encelado ormai vi è certezza, spingendo a progettare “strani nuovi modi” di scovare la vita extraterrestre. Ovviamente si ipotizza al massimo una vita prebiotica che riceve l’energia necessaria alla sussistenza da una fonte di energia interna al satellite.
Paolo Licciardello








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