Scoperto il primo pianeta “gemello” della Terra: Kepler 186f


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Fino ad oggi scoperte simili riguardavano pianeti exstrasolari che presentavano caratteristiche ben diverse da quelle della nostra Terra. Kepler 186f orbita intorno alla stella omonima, ha delle dimensioni quasi identiche a quelle della Terra e potrebbe essere ricoperto di oceani d’acqua allo stato liquido. Il potenziale di questa scoperta è appena compreso ma solo grazie a potentissimi telescopi terrestri, come il Gemni ed il Keck II, ed al portentoso telescopio orbitale Kepler, il team di ricerca internazionale continua la sua missione.

La caccia ai “gemelli” della Terra è iniziata da anni ed oggi sulla rivista Science è possibile leggere di questo piccolo mondo distante 500 anni luce dal Sole. Kepler-186 è una stella nana, cioè di dimensioni inferiori a quelle del Sole, eppure accoglie nelle sue inospitali vicinanze altri quattro pianeti molto piccoli; ma Kepler 186f è speciale! Al momento sembra impossibile conoscerne la composizione, è del 10% più grande della Terra (caratteristica fondamentale anche per ospitare forme di vita) e, soprattutto, possiede un’orbita che solca lo spazio intorno alla stella chiamato “fascia di abitabilità”. Ciò significa che Kepler 186f si trova in una zona temperata dove l’acqua potrebbe trovarsi allo stato liquido. Ecco dunque il secondo requisito essenziale perché si sviluppi una qualche forma di vita.

Speciale è anche il tempo di rivoluzione intorno alla sua stella, che tra l’altro è più fredda del Sole: 130 giorni. Esso inoltre riceve circa un terzo del calore che la Terra riceve dal Sole proprio perché si trova nella zona più remota della fascia di abitabilità.

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Dobbiamo tutto ai grandi telescopi inventati e costruiti dall’uomo, il Kepler tra tutti ha proprio il compito di scovare pianeti intorno ad altre stelle; questo, pur orbitando al di fuori dell’atmosfera, non è in grado di catturare un’immagine del neoscoperto pianeta ad una distanza di 500 anni luce. Fortunatamente altri due telescopi eretti sulla cima del Mauna Kea, Hawaii, il Gemini ed il Keck II, rispettivamente con specchi da 8 e da 10 metri di diametro, sfruttando tecnologia all’avanguardia consentono agli scienziati di usare tecniche come la “interferometria a macchie” del Gemini e le ottiche adattative del Keck II. Come ha spiegato Thomas Barclay, coautore dello studio e membro del team Kepler: “Le osservazioni del Keck e di Gemini, combinate con altri dati e calcoli, ci hanno permesso di essere sicuri al 99,98% che Kepler-186f è reale”.

Cosa aspettarsi? Di sicuro molti scienziati si concentreranno su Kepler 186f per carpire quante più informazioni possibili dalle sole osservazioni che è possibile effettuare adesso. Lo stesso telescopio Kepler non è stato progettato per osservazioni oltre una certa distanza, le spese sarebbero state troppo elevate. Poco alla volta però la tecnologia si spinge, e ci spinge, sempre più avanti diminuendi i costi e cambiando il mondo come lo conosciamo.

 

Paolo Licciardello

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