Il gruppo di sei esperti incaricato dall’U.E. di fare luce sulla tassazione dell’economia digitale ha consegnato alla Commissione il suo report definitivo sulla tassazione dell’economia .
La conclusione a cui si è giunti è che l’economia digitale non necessita di un regime fiscale separato, essendo sufficiente/necessario ricalibrare le regole già esistenti. Infatti, secondo il capogruppo Vitor Gaspar, ex ministro delle finanze portoghese, bisognerebbe semplicemente applicare o adattare le regole generali in modo che le società che si occupano del web vengano trattate al pari delle altre aziende anche sotto il profilo fiscale.
L’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha intanto avviato il programma “Base Erosion and Profit Shifting (Beps)” che nelle intenzioni dovrebbe portare a nuovi accordi entro il 2015.
Un no alla web tax che sembra quindi molto deciso e che cerca di imporre una soluzione più razionale e senza eccessivi dispendi.
Matteo Renzi, che in Italia ha già cercato di affrontare i problemi legati alla nuova forma d’imposizione fiscale (nonostante il contenuto della delega fiscale), aveva ribadito più volte che la questione doveva essere discussa in sede Ue e non singolarmente dai vari Paesi membri dell’Unione, anche se il NO comunicato dal pool di esperti, potrebbe bloccare qualsiasi confronto costruttivo sul tema.
Nonostante ciò, i numeri contenuti nel documento lasciano intravedere la “voragine” finanziaria attuale, rappresentando al contempo un invito ad affrontare la questione, invito da intendersi diretto “all’U.E.” nel suo complesso. Come ribadito da Neelie Kroes, commissario responsabile dell’agenda digitale, “Non possiamo ignorare la sfida di tassare in modo equo prodotti ed aziende digitali, ma dobbiamo farlo in un modo che continui ad incentivare l’innovazione. Dobbiamo evitare regimi punitivi ed assicurare uguale trattamento di prodotti e servizi”.
Angela Scalisi







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