Non è semplice comprendere come una metastasi migra nell’organismo di un malato, non lo è per medici e scienziati, non lo è di certo per noi. La cellula cancerosa deve liberarsi dal tessuto connettivo che lo circonda sfruttando la invadopodia, ovvero la formazione delle protrusioni che gli permettono di rilasciare enzimi degradanti il tessuto e che, attraverso questo, trascinano via la cellula tumorale dal tumore primario.
Questo è il sistema col quale le cellule si immettono nel flusso sanguigno per depositarsi in altre zone del corpo.
Alcuni ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York hanno scoperto i segnali nelle cellule tumorali che inducono alla migrazione ed hanno pubblicato lo studio sulla rivista Nature Cell Biology. Louis Hodgson, coordinatore dell’equipe di ricercatori, ha riferito che fino ad oggi, con varie ricerche, era stato ipotizzato, senza averne mai avuto un’osservazione diretta, che l’invadopodia fosse guidata da sequenze di proteine, come la Rac1. Quest’ultima, si è visto, è presente in quantità più massicce quando le cellule tumorali sono più invasive. Per avere un riscontro di ciò è stata prodotta una proteina capace di fungere da biosensore fluorescente ed in grado di far risaltare la zona nonché il momento in cui la Rac1 è in funzione.
I test effettuati su cellule tumorali del seno di roditori e di esseri umani hanno confermato che la formazione della protusione dipende dal valore di Rac1 presente; per questo motivo sono stati sviluppati degli inibitori della proteina che dovrebbero gestirne i valori. Il problema al momento sembra essere ancora la non sufficiente sicurezza degli inibitori in relazione anche al fatto che la Rac1 in questione serve, per altri motivi, alle cellule sane dell’organismo. L’obiettivo degli scienziati e dunque quello di colpire come dei cecchini solo le cellule tumorali evitando possibili e pericolose controindicazioni.
Paolo Licciardello







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