No all’indipendenza: la Scozia resta nel Regno Unito


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Nessun appuntamento con la storia per gli scozzesi. Chiamati alle urne per dichiararsi favorevoli o meno all’indipendenza della propria terra, gli abitanti delle Highlands hanno votato per il no. La Scozia resta, quindi, a far parte del Regno Unito. Gli unionisti si sono imposti con il 55,3% devi voti, contro il 44,7% dei sì dei separatisti.

È stato Alex Salmond, premier scozzese e leader dello Scottish National Party, il primo a dichiarare la sconfitta. Una battuta d’arresto che però non placa il suo spirito indipendentista: in futuro Salmond ha promesso, infatti, che cercherà di combattere per ottenere la “devo max”, vale a dire la piena autonomia fiscale della Scozia. Ciò permetterebbe al parlamento di Edimburgo di incassare tutte le imposte riscosse sul suo territorio e lo renderebbe responsabile della maggior parte della spesa; gli scozzesi, comunque, restituirebbero al governo britannico i soldi per coprire le spese in materia di difesa e di relazioni con l’estero.

Nonostante la vittoria degli unionisti, la partita per la devolution scozzese resta aperta. Durante la campagna elettorale, i tre principali partiti britannici (conservatori, laburisti e liberal democratici) avevano firmato un documento congiunto nel quale dichiaravano la volontà di dare più poteri al parlamento scozzese. Intenzione confermata anche del premier britannico, David Cameron, che poche ore dopo la pubblicazione dei risultati definitivi ha confermato di voler dare più poteri alla Scozia in ambito fiscale, finanziario e di previdenza sociale. Il nuovo progetto, chiamato “Scotland Act”, sarà concordato entro novembre, per essere sottoposto al voto della camera dei comuni il 25 gennaio.

Attualmente i finanziamenti alla Scozia e alle altre istituzioni del Regno Unito vengono elargiti dal ministero britannico del tesoro e sono regolati secondo un complesso meccanismo che prende il nome di “formula di Barnett”. I partiti sono tutti concordi sul non abolire questo procedimento, ma è probabile che in futuro la Scozia incasserà più soldi e gestirà in modo più autonomo il fisco, i sussidi per la casa, i fondi per il lavoro e altre tasse, tra le quali quelle sui passeggeri aerei e quelle sulle plusvalenze.

Un importante nodo da sciogliere resta quello sulla cosiddetta “West Lothian question”: l’espressione nel Regno Unito si riferisce al dibattito legato alla possibilità per i membri del parlamento di Westminster eletti nei collegi al di fuori dell’Inghilterra, quali Irlanda del Nord, Scozia e Galles, di votare (come attualmente accade) o non votare su questioni che riguardano solo ed esclusivamente l’Inghilterra.

Anche se all’indomani del referendum separatista l’unità del Regno Unito resta salva, è molto probabile che presto si leveranno voci anche dal Galles e dall’Irlanda del Nord per chiedere di dare più poteri ai parlamenti locali.

 

Aurora Circià

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