Gli studenti italiani scendono in piazza con oltre sessanta cortei in altrettante città italiane, per far sentire la loro voce nella “Buona Scuola”, come ideata dal Premier Matteo Renzi e dal ministro Giannini, e contro il “nuovissimo” Jobs Act, appena “sopravvissuto” alla fiducia in Senato.
È vero che, da un lato, il nuovo piano del governo per riformare l’istruzione mette in gioco un miliardo di euro per stabilizzare, già dall’anno prossimo, 150 mila docenti precari, ma dall’altro lato minaccia di tagliare l’organico degli Ata, di decurtare altri 400 milioni alle università (nonostante il suicidio istituito, legalizzato ed attuato da legge Tremonti) e di impoverire di ulteriori 160 milioni il fondo per il diritto allo studio, che sembra ormai solo un “fantasma”.
La mobilitazione è stata indetta dall’Udu (Unione degli studenti universitari) e dalla Rete degli studenti sotto l’hashtag #10ottstudentiinpiazza.
I ragazzi scendono in piazza “per chiedere una scuola, un’università, un Paese diverso, che non è certo quello del Jobs Act o dello Sblocca Italia, per dire che siamo noi la bellezza di questo Paese e che non possiamo più permetterci di vivere nella precarietà ed essere privati dei nostri diritti”, queste le parole di Alberto Irone, Portavoce della Rete degli Studenti Medi.
La mobilitazione è stata accompagnata anche dallo sciopero dei docenti indetto dai Cobas, con la partecipazione anche degli universitari che chiedono a gran voce l’immediato stop al “Decreto Sblocca Italia”, idolatrando come vessillo della loro lotta il diritto allo studio, o quell’effimero ricordo che di questo diritto ormai rimane.
Gli animi non si calmeranno presto e, non a caso, sono già state annunciate altre due giornate di proteste, a cui certamente ne seguiranno altre: il 25 ottobre, a Roma, in concomitanza con la manifestazione nazionale della Cgil e il 17 novembre per la giornata internazionale dello studente.
Angela Scalisi







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