Claudia Consoli incarna perfettamente l’esempio della giusta dose di coraggio che serve per basare le proprie scelte di un percorso di studi (e, più in generale, di vita) nel seguire le proprie passioni. Da Catania si è trasferita e laureata a Milano, città che ha deciso fosse quella giusta per lavorare nel mondo dei libri. Redattrice veterana del blog CriticaLetteraria, dove pubblica recensioni e interviste agli autori, è appassionata di social network e nuovi media. Sempre connessa in rete, lavora come Content&Community manager.
Claudia si racconta, dai ricordi dei primi testi amati alla realizzazione del suo primo libro, pubblicato ad aprile, Quando i libri vanno in rete, “un’agile guida al mondo della lettura 2.0” frutto dell’unione dei suoi più grandi interessi. Lettura e scrittura si intrecciano, convivono fino a diventare colonne portanti, per imparare che ogni libro porta in se un valore molto più alto.
- Un tema brillante che coniuga in modo originale il tradizionale mondo fatto di carta e inchiostro a quello telematico. Come è nata l’idea di “Quando i libri vanno in rete”?
Quando i libri vanno in rete nasce dall’osservazione del mondo del web nel quale mi muovo quotidianamente per lavoro e per passione. Navigando tra blog letterari e siti di informazione editoriale, presidiando i social network (dai più comuni a quelli “di nicchia”), curiosando tra le community di lettura e di scrittura, ho cominciato a chiedermi in quale misura la realtà multimediale modifichi il nostro modo di leggere, scrivere, parlare dei libri. Il numero di lettori che tutti i giorni usano i social media e la rete per informarsi e scambiare pareri di lettura cresce notevolmente, e con loro crescono le possibilità di ampliare le prospettive su un testo scritto o sul suo autore. Un’agile guida al mondo della lettura 2.0, nata dal mio sguardo curioso, dalla volontà di capire cosa succede oggi quando un libro viaggia dagli scaffali fisici a quelli virtuali.
- Il passaggio tra libro cartaceo e web non è così immediato. Le parole “libro” e “rete” sembrano apparentemente in antitesi, eppure quest’ultima potrebbe essere un ottimo strumento di educazione alla lettura. Come vivi la comunicazione 2.0?
Ho fiducia nella comunicazione 2.0, nella misura in cui nasce per favorire lo scambio e la condivisione di conoscenza. Il presupposto del mio libro è che la rete e i suoi infiniti strumenti non vadano considerati nemici della lettura tradizionale, ma nuove possibilità che ognuno di noi può indagare come singolo lettore o parte di una community. Troppo spesso la rete è considerata fonte di appiattimento, come se svuotasse di profondità e significato gli oggetti culturali che vi arrivano dentro; ci sono, invece, tanti esempi che ci confermano che la lettura in rete si sviluppa anche attraverso spinte creative originali che, come giustamente sottolinei, possono anche educarci alla lettura.
- Credi nelle potenzialità che riserva l’universo di internet nell’avvicinare una fetta (magari) sempre più vasta di pubblico alla lettura?
Si, ci credo. Internet ha già enormemente migliorato le nostre possibilità di accesso alla lettura in tutte le sue forme e ai libri, che essi si trovino nel magazzino di una libreria, sullo scaffale di una libreria o in qualsiasi luogo fisico o digitale. Credo che il web accorci sì le distanze geografiche, ma anche quelle ideali e culturali. Twitter, per citare solo un caso, è il terreno in cui si svolgono alcune delle più accese discussioni sui libri in uscita e anche sui classici senza tempo. Perché non pensare che anche grazie a questi scambi ci sia quotidianamente anche solo un piccolo numero di lettori che vengono incuriositi, stimolati, spinti a riscoprire l’essenza di quei testi?
- Per una cultrice del libro in quanto oggetto fisico come è vista l’evoluzione tecnologica in e-book?
In maniera assolutamente positiva. Personalmente non faccio, se non talvolta per pura questione di comodità contingente, nessuna distinzione tra la lettura su carta e quella digitale. Il supporto cambia, ma il mondo di valori che ogni testo porta con sé rimane lo stesso. Va anche aggiunto che lo sviluppo dell’industria del libro digitale, oltre ad avere un valore per il nostro Paese in termini di progresso tecnologico, avrebbe un effetto benefico su un mercato che soffre, consentendo per esempio di allungare il ciclo di vita del prodotto, oggi molto breve.
- Dalla recensione di testi alla scrittura di un libro tutto tuo. Cosa ti ha spinta a questo coraggioso salto non indifferente?
A ventisei anni magari pensi che ci sia qualcuno che potrebbe scrivere quello che vuoi scrivere tu in modo più professionale, maturo, adatto. Io ho avuto la fortuna di essere incoraggiata dalla redazione di Wuz.it, storico portale di informazione editoriale da cui prende il nome la collana “I libri di Wuz”, e da quella di Editrice Bibliografica, che hanno creduto in me e nella mia passione. Insieme abbiamo pensato a un libro che con un tono leggero accompagnasse i lettori, li divertisse, li portasse a scoprire qualcosa che non conoscevano. È stato un salto gratificante ed emozionante, come emozionante è stato leggere la prima recensione e capire cosa si prova a stare dall’altro lato.
- Quando i libri vanno in rete è stato presentato al Salone del Libro di Torino, tempio sacro e luogo mistico per gli appassionati. Come è stato vivere l’esperienza di partecipare da protagonista accanto ai grandi nomi della letteratura contemporanea?
Mi era già capitato di partecipare a panel dedicati ai libri e all’editoria ma mai di avervi un ruolo centrale. Il fatto che la discussione si sviluppasse a partire dal mio libro mi lusingava e spaventava allo stesso tempo. Giulia Mozzato di Wuz, moderatrice dell’incontro, e gli altri relatori hanno arricchito la presentazione di spunti e prospettive diverse e questo ha reso vivace il dibattito, coinvolgendo anche il pubblico. Ho visto il Salone con gli occhi di autrice e lettrice e mi sono sentita molto fortunata.
- Quanta carica di responsabilità c’è, secondo te, nel ruolo del recensore nell’indirizzare i gusti del pubblico?
Ai tempi delle celebri querelle sulla stampa probabilmente questo era più facile da stabilire.
I grandi nomi della cultura dicevano la loro sulle terze pagine dei quotidiani, se non sempre indirizzando i gusti del pubblico, sicuramente dando avvio a discussioni e inaugurando scuole di pensiero che poi influenzavano anche l’approccio dei lettori comuni. Nella realtà della rete è più difficile determinare quale sia l’impatto di una recensione anche perché si sono moltiplicati gli spazi in cui ciò avviene e alle penne degli “addetti ai lavori” si sono affiancate quelle di appassionati che spesso con grande competenza pubblicano pezzi e li discutono in rete. Da persona che recensisce costantemente i libri che legge, spero sempre che una mia recensione lasci qualcosa: la curiosità di andare a scoprire il testo in libreria, la voglia di estrapolarne una citazione o di discuterne con un amico.
- Quando ha avuto inizio la tua passione per la letteratura?
Ha avuto inizio molto presto, alle scuole elementari. Carlo Collodi, Roald Dahl, Astrid Lindgren, Gianni Rodari sono i miei primi ricordi di lettura e li lego ai miei genitori che mi incentivavano con premi in forma di libro. Grazie a loro aspettavo sempre un libro come il regalo più bello.
- Quanto ha influenzato le più importanti scelte della tua vita?
Già alle medie non avevo dubbi: io avrei studiato Lettere. E con questa convinzione ho affrontato tutti gli anni successivi, concedendo alla letteratura e alla lettura uno spazio sempre più grande e consapevole, anche grazie alla presenza di buoni maestri. Quando è arrivata l’università è stata una gioia potermi finalmente dedicare solo a quello. Se c’è una cosa che più di tutte devo alla mia passione per la lettura è stata la voglia di seguire quest’aspirazione indipendentemente dalle difficoltà generali, dallo scarso peso che altri possano dare alle discipline umanistiche e alla loro spendibilità nel mondo di oggi. Per me il loro valore è assoluto e prescinde dal contesto. Per questo non mi pentirò mai di questa scelta, che è stata finora una delle più importanti della mia vita.
- Da 1 a 10, l’importanza di lasciare la tua città per la realizzazione professionale…
Lasciare Catania è stata in un certo senso una scelta obbligata, dal momento in cui il corso di studi in Editoria nella mia città non esiste. La decisione è arrivata anche in un momento in cui mi sentivo pronta a conoscere un altro mondo, a vivere altrove, e così sono partita. Non nego che a Catania non avrei avuto tante possibilità di incontro e scoperta che Milano mi ha regalato in questi anni, anche solo per ragioni geografiche. Nel mio personale cammino di crescita andare via dalla Sicilia è stato determinante ma si tratta di un’esperienza assolutamente personale e, come in ogni scelta, c’è un risvolto di cui tenere conto: il prezzo di una distanza che spesso pesa e la voglia di tornare per provare a costruire anche in Sicilia quello che ancora ci manca. Chissà che un giorno non possa dire di averci provato anche io.
- I segreti per una buona recensione
L’onestà intellettuale e la franchezza nei confronti di chi legge. Ogni recensore è anche un lettore, una recensione non è un esercizio di stile, ma un regalo. Si dona agli altri il proprio punto di vista sperando che li arricchisca.
- Libro preferito:
Sceglierne solo uno è sempre un’impresa. Posso fare uno strappo alla regola e dirti i miei magnifici tre? Orlando di Virginia Woolf, Addio a Berlino di Cristopher Isherwood e Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini.
- Libri sul comò e sogni nel cassetto:
Il mio libro sul comò in questo momento è un autentico gioiello: Limonov di Emmanuel Carrère, strabiliante racconto della vita di un personaggio fuori dall’ordinario, unico tra tutti quelli che ho incontrato nelle mie letture. Prossime letture: Il cerchio di Dave Eggers e Funny Girl di Nick Hornby. Alle novità affianco sempre qualche classico, per questo quando ho trovato in una piccola libreria di Roma un’edizione del 1929 di Cane e padrone di Thomas Mann non ho resistito.
Il mio sogno nel cassetto al momento è continuare a lavorare con i libri in tutte le loro forme, vederli nascere, raccontarli, promuoverli.
Puntiamo più in grande? Poter intervistare Philip Roth, prima o poi.
- Un consiglio che ti senti di dare a chi, come te, crede fortemente nel mestiere dello scrivere…
Il suggerimento è scrivere costantemente, non perdere mai l’abitudine, la familiarità alla scrittura. Per me, per esempio, è fondamentale scrivere le impressioni su quello che leggo. In questo modo ordino la mente e i pensieri, assimilo, cerco di raccontare anche ad altri. La scrittura è una forma preziosa di allenamento e, perché dia risultati, va coltivata in un modo che solo ognuno di noi può scegliere per se stesso.
Eleonora Mirabile








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