L’11 gennaio 2015 ha avuto luogo la 72° edizione della cerimonia di premiazione dei Golden Globe presso il Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills. Quest’anno i titoli vincitori come Miglior Film sono stati “Boyhood” e “Gran Budapest Hotel”, rispettivamente nella categoria di dramma e commedia, candidati anche agli Oscar 2015.
Richard Linklater, regista di film indipendenti e minimali, continua a mantenersi su una linea non convenzionale. L’autore della trilogia “Before sunrise”(1995), “Before sunset ”(2004) e “Before Midnight”(2013), gioca ancora una volta sulla rappresentazione cinematografica del tempo parallela al suo scorrere reale. Cercando di cogliere una porzione di realtà, il progetto firmato da Linklater è durato 12 anni. Si tratta di un vero e proprio esperimento di cinema composto da dodici anni di riprese, iniziate nel 2002, con gli stessi attori, insieme (logicamente) alla loro maturazione fisica (ed artistica). Questo progetto si intitola “Boyhood”, che significa letteralmente “adolescenza”, e porta nella sua narrazione la fluidità della vita.
Per 2 ore e 46 minuti ci si immerge nella quotidianità di una famiglia ordinaria: il piccolo Mason (interpretato da Ellar Coltrane), insieme alla sorella Samantha, intraprenderà un viaggio emozionante negli anni della sua crescita coincidenti con la presa di coscienza dei genitori (Patricia Arquette e Ethan Hawke), separati da tempo, della difficoltà del loro ruolo. Assistiamo così alla crescita di un ragazzino, anno dopo anno, fino a diventare adulto. Richard Linklater ha vinto la sua scommessa con il tempo.
“Grand Budapest Hotel” è figlio di un miscuglio di idee e ispirazioni che, come afferma Wes Anderson, non risultano immediate: dalle commedie anni ’30 allo scrittore viennese Stefan Zweig, fino ad arrivare ad un caro amico del regista dal fascino eccezionale, dotato di uno sguardo molto speciale sulla vita e “diverso da chiunque avessi conosciuto”.
Il lavoro di Anderson (“Moonrise Kingdom-Una fuga d’amore” 2012) non può essere definito se non come una commedia colorata. In questo via vai di personaggi, con una carrellata di attori come Bill Murray, Adrien Brody, Owen Wilson, Edward Norton, Jude Law, l’estetica del film è tipica del suo autore: elegante e calda, ricca di colori vintage con estrema cura per i dettagli di architettura e abbigliamento. La natura rocambolesca di “Grand Budapest Hotel”, ricca di fughe e travestimenti, mette in scena una profonda storia di amicizia e trasmissione di ideali, in cui il sottile senso dell’umorismo si fonde a una nostalgia viscerale.
Eleonora Mirabile







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