Monica Lewinsky si reinventa paladina contro il cyber bullismo


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Reinventarsi a 41 anni è possibile, soprattutto in America. È quello che sta facendo già da mesi Monica Lewinsky, l’ex stagista della Casa Bianca diventata, suo malgrado, famosa in tutto il mondo per la relazione avuta con l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. La vicenda, nota con il nome di “Sexgate”, ebbe ripercussioni sulla presidenza Clinton e sull’immagine della stessa Lewinsky che subì la gogna mediatica.

Oggi l’ex “ragazza dall’abito blu” (quello che conteneva le prove dell’avvenuto rapporto), si dedica alla riabilitazione della propria immagine pubblica. Nel giugno dello scorso anno era già apparso un articolo a sua firma su Vanity Fair intitolato “La cultura dell’umiliazione”, talmente efficace, sorprendente e ben scritto da esserle valso una nomination per un premio giornalistico, il National Magazine Award.

Ed è proprio per parlare di questo argomento che gli organizzatori di TED l’hanno invitata a tenere una delle loro celebri conferenze a Vancouver sul tema “Verità e Coraggio”. Inizialmente specializzate in tecnologie (l’acronimo TED si riferisce infatti a Technology Entertainment Design), le conferenze hanno toccato nel tempo temi sempre più universali, seguendo lo spirito racchiuso nello slogan “ideas worth spreading” (“idee che meritano di essere diffuse”).

Quella proclamata dalla Lewinsky è una crociata contro il cyber bullismo, vale a dire contro la violenza psicologica e verbale ormai dilagante sui social media. Un tema che le sta a cuore e che conosce bene, come ha dichiarato: “Mi hanno chiamata sgualdrina. Peggio, mi hanno chiamata quella donna là, negando la mia umanità. Se c’è qualcuno che conosce l’aggressione della folla, l’insulto anonimo, quella sono io”.

Nel corso del suo intervento, intitolato “Il costo della vergogna”, la Lewinsky ha fatto numerosi riferimenti, anche ironici, allo scandalo che l’ha imprigionata in uno stereotipo e che ancora oggi continua a definirla. “Sono l’unica quarantenne che non vorrebbe per nessuna ragione tornare ad avere 22 anni”, ricordando che a quell’età “mi innamorai del mio boss, all’età di 24 anni imparai sulla mia pelle le conseguenze”, finendo pure “nei testi dei rapper come sinonimo di … cagna. E non esistevano ancora i social media!”.

Monica vuole che la sua storia possa essere d’aiuto a chi come lei è finita in pasto all’aggressività della folla: “Chiunque soffra per la vergogna e l’umiliazione pubblica, deve sapere una cosa: puoi sopravvivere. È difficile. Non è indolore, né rapido, ma alla lunga puoi scrive tu un finale diverso per la tua storia”.

Contro l’imbarbarimento collettivo, l’aggressione banalizzata e l’odio quotidiano onnipresente sui social media, e del quale le donne sono un bersaglio “privilegiato”, la Lewinsky lancia un appello: “L’umiliazione come sport deve cessare, dobbiamo tornare ai valori dell’empatia, della solidarietà, della comprensione”.

 

Aurora Circià

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