Dialogando…‏


L’educazione, secondo Platone, è una scienza che ha per fine l’anima e  va “curata” tramite il dialogo filosofico. La sua filosofia più alta è certamente contenuta nei  Dialoghi. Platone ha scelto la forma del dialogo, perché in esso ha visto il vero metodo della filosofia; il dialogo, infatti, presuppone un io e un tu. 
Da un lato “logo” ossia “discorso”, dall’ altro “dia” ossia “tra”, il dialogo è sempre uno scambio comunicativo “tra” due o più persone e, per essere reputato tale, non può essere mai nè preconfezionato nè rigido, ma sempre in divenire. Anche il dialogo con se  stessi è autentico solo nella misura in cui si arriva a livelli di consapevolezza maggiori di quelli iniziali.
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Martin Buber è universalmente considerato il filosofo del dialogo. Nato a Vienna da una famiglia ebrea nel 1878 e morto a Gerusalemme nel 1965, ha maturato il suo pensiero filosofico, pedagogico e teologico durante il periodo delle due guerre; tali esperienze certamente hanno contribuito notevolmente alle sue riflessioni di cui ogni educatore oggi fa tesoro. 
Buber contrappone il dialogo “Io – Tu” basato sul riconoscimento dell’altro quale persona, al monologo “Io – Esso” dove invece l’altro viene trattato come oggetto. Questa è una distinzione fondamentale per chi si occupa di educazione, dove chiaramente servono dialoghi e non monologhi.
Ma cos’è che trasforma l’Esso in Io?
Innanzitutto un ascolto profondo dell’altro, un ascolto che presti attenzione alle sue parole, ma anche ai suoi gesti e alle sue espressioni. Fondamentale inoltre un atteggiamento di apertura privo di preconcetti e pregiudizi senza pensare di sapere ciò che l’altro sta per dire. 
Non si può poi escludere la curiosità nei confronti dell’altro, la vera volontà cioè di conoscere i suoi pensieri e le sue emozioni. 
Infine, ciò che completa il dialogo, è la fiducia: considerare l’altro un soggetto capace di portare un proprio punto di vista.
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É chiaro che se trattiamo un bambino come un “tu”, a sua volta lui imparerà a trattare gli altri come persone.
Molti atti di aggressività e bullismo possono essere riletti alla luce di questa “oggettivazione” dell’ altro, un altro privo di pensieri ed emozioni. 
Quante volte il nostro dialogo con l’altro è “Io -Tu”?
Quante volte è “Io – Esso”?
Trattare l’altro come Esso adattandosi alle nostre esigenze è certamente più semplice.
Accettare le diversità del tu e ricercare le innumerevoli modalità di convivenza è molto più impegnativo e alla base di un dialogo autentico.
Giusi Lo Bianco

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