Il divorzio breve è “quasi” legge


matrimonioSvolta epocale? Approvato definitivamente in Senato, con il voto favorevole di 398 eletti, contro 28 no e solo 6 astenuti, il decreto legge n. 134/2014 che incide fortemente sui tempi per lo scioglimento definitivo del matrimonio. Ad appena dieci giorni dall’approvazione parlamentare, ora si è in trepidante attesa per la sua pubblicazione definitiva sulla Gazzetta Ufficiale, che ne sancirà l’effettività.

Mancano, dunque, solo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il “trascorrere” dei quindici giorni dalla successiva pubblicazione per l’effettività della norma. Tirando le somme, entro la fine del mese la nuova legge dovrebbe entrare in funzione a pieno regime.

Si passerà da i 3 anni minimi, ancora oggi necessari, per ottenere una pronuncia di scioglimento degli effetti del matrimonio civile, a soli 6 mesi, se l’addio è consensuale, o a 12 se è giudiziale.

La riforma, dunque, pur prevedendo ancora l’istituto della separazione come passaggio precedente ed obbligatorio per poter avanzare la domanda giudiziale volta ad ottenere una pronuncia di divorzio ha, comunque, inciso drasticamente sulle tempistiche, colmando il gap culturale esistente tra il Bel Paese e la maggior parte degli altri Stati.

Una novità importante riguarda però anche la decorrenza dei nuovi termini; questi, infatti, non inizieranno a decorrere come accade oggi dalla svolgimento della prima udienza presidenziale, iniziano il “conto alla rovescia” a decorrere addirittura dal deposito della domanda di separazione.

Novità anche con riferimento alla disciplina applicabile al regime patrimoniale scelto dai coniugi al momento della celebrazione del matrimonio. Infatti, qualora gli ormai prossimi ex coniugi abbiano contratto matrimonio in regime di comunione legale, l’accordo si intenderà sciolto nello stesso momento in cui il Giudice autorizzerà i coniugi a vivere separatamente o, addirittura, potrà essere sciolto nello stesso momento in cui si sottoscrive l’atto di separazione consensuale.

La nuova normativa, evidentemente, è un “compromesso” rispetto alla richiesta di introdurre, anche nel nostro ordinamento, il divorzio immediato – ossia un divorzio che non debba attivarsi attraverso l’obbligatorio passaggio per la fase della separazione, che ovviamente come ricordato sopra rimane a tutti gli effetti.

Non c’è chi non vede già i possibili congestionamenti di un sistema che, da un lato, accorcia veramente i tempi per transitare da una fase processuale ad un’altra, ma che, dall’altro lato, non tiene conto del dato incontestabile che, ordinariamente, una “separazione giudiziale” dura anni. Tutto ciò provocherà una sovrapposizione di giudizi, ossia tra quello di separazione, ancora non concluso per quanto attiene alle questioni riguardanti l’affidamento e il mantenimento dei figli, del coniuge ecc., e quello nuovo di divorzio, che potrà essere aperto immediatamente al superamento dei nuovi termini fissati dal legislatore. La soluzione, forse un po’ troppo ingenua del legislatore, sul punto è stata quella di disporre che la causa di divorzio venga assegnata allo stesso giudice che ha incamerato quella sulla separazione, rendendo molto più complessa la gestione di tutto il percorso giudiziale, riguardante per di più una delle materie più spinose anche alla luce degli interessi e delle parti (compresi spessissimo i figli) che vi entrano in gioco.

In attesa delle prime applicazioni della nuova legge, non mi sembra superfluo ricordare che “Un civile divorzio è una contraddizione in termini”( La guerra dei Roses).

Angela Scalisi

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