Oggi ricorre la giornata mondiale del rifugiato. Qualcuno potrebbe dire “si celebra” la giornata mondiale del rifugiato, ma da celebrare c’è ben poco, per non dire nulla. L’alto commissario dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Antonio Guterres, ha dichiarato che “il mondo è un caos” e “non è possibile aiutare” molti dei quasi 60 milioni di migranti forzati. Guterres ha denunciato la “totale incapacità da parte della comunità internazionale a lavorare insieme per fermare le guerre e costruire e mantenere la pace”.
L’ultimo rapporto dell’Unchr ha registrato un forte aumento del numero di persone costrette a fuggire dalle loro case: a fine 2014 sono stati 59.5 milioni i rifugiati, contro i 51.2 milioni del 2013; più della metà dei migranti a livello mondiale sono bambini. L’agenzia dell’Onu per i rifugiati riferisce che ogni giorno 42.500 persone diventano rifugiate, richiedenti asilo o sfollati interni, sottolineando che in tutto il mondo una persona ogni 122 è un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo.
La causa principale del fenomeno e del suo costante incremento è la presenza nei paesi di origine dei migranti di guerre. Negli ultimi cinque anni si stima che sono scoppiati o si sono riattivati 15 conflitti: otto in Africa (Burundi, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Libia, Mali, Nord-Est della Nigeria, Sud Sudan); tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen); tre in Asia (Kirghizistan, e alcune aree del Myanmar e del Pakistan); e uno anche in Europa (Ucraina). Senza dimenticare le condizioni di instabilità e i conflitti che da decenni affliggono Afghanistan, Somalia e altri Paesi, che rendono in questo modo costante il flusso di migranti da tali zone.
Aurora Circià






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