Catania diventa la scena di importanti cambiamenti socio – economici e polo da cui diparte, con una spinta positiva, un certo rinnovamento anche a livello legislativo al fine di ottenere maggiori tutele per quei settori che fino ad oggi hanno “vissuto” in un buco nero.
Nella cornice Castellana, ospitati dalla sala conferenza presso l’Hotel Baia Verde, il presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano e la parlamentare nazionale del partito democratico Luisa Albanella, hanno presentano il disegno di legge sulla regolamentazione delle attività svolte dai call center e di tutela dell’occupazione (modifiche al decreto-legge 22 giugno 2012 n° 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, e al decreto legislativo 10 settembre n° 276), elaborato a conclusione dell’indagine conoscitiva sul settore avviata l’anno scorso dalla Commissione Lavoro.
Come è emerso dall’indagine conoscitiva, grazie anche ai dati raccolti dall’Istat, si può affermare con certezza – certezza ormai acquisita al nostro panorama economico – che quello dei call center non è più un mestiere transitorio e solo per giovani in attesa di una occupazione definitiva, in quanto il comparto è in crescita con oltre 82 mila addetti in tutta Italia. Il mondo dei call center in Italia che occupa più di 80 mila lavoratori e che produce un fatturato di oltre 2,3 miliardi di euro e un valore aggiunto di 1,3 miliardi di euro, ha dunque necessita di un’organica regolamentazione, in quanto l’assenza legislativa ha ripercussioni negative a livello sociale ed economico.
Il disegno di legge diventato ormai una necessità sociale,“mira ad un’organica regolamentazione – come spiega Albanella – a cominciare dalle condizioni dei lavoratori, i contratti e gli incentivi erogati in relazione a nuove assunzioni e il ricorso agli ammortizzatori, le garanzie negli appalti (aggiudicati con il criterio del massimo ribasso e l’esclusione delle spese connesse al costo del personale e della sicurezza sul lavoro), i processi di delocalizzazione verso Paesi non appartenenti all’Unione europea, l’uso distorto degli incentivi della legge n. 407 del 1990 e i benefici alle imprese”. “Abbiamo previsto- continua l’onorevole- in questa proposta di legge che le aziende che abbiano usufruito di benefici, incentivi ed altro e che abbiano delocalizzato l’attività in Paesi esteri, siano tenute alla restituzione di quanto percepito negli ultimi cinque anni, maggiorato degli interessi legali. Questa proposta di legge è una conseguenza dell’indagine conoscitiva che abbiamo promosso in Commissione Lavoro: l’indagine ha individuato le molte criticità presenti in questo settore, come l’aggiudicazione delle gare al massimo ribasso, la mancanza di clausole sociali e garanzie occupazionali nei casi di cambi d’appalto ma soprattutto la questione degli incentivi, che creano concorrenza sleale, e la delocalizzazione delle aziende”. L’offerta economicamente più vantaggiosa renderebbe, dunque, meno competitivi gli operatori localizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea, indirizzando la domanda sulle aziende dove gli incrementi di produttività sono perseguiti, oltre che attraverso il contenimento delle spese del personale, anche attraverso l’investimento tecnologico e la formazione professionale dei lavoratori.
“Il disegno di legge – rimarca poi Damiano – istituisce l’Osservatorio nazionale sui call center per analizzare e valutare l’evoluzione tecnica, economica e normativa del settore, anche con riferimento al fenomeno delle delocalizzazioni, istituendo anche il registro delle società che svolgono attività di call center; regola appalti pubblici per i servizi di call center introducendo il criterio l’offerta economicamente più vantaggiosa (anziché il minimo ribasso)”.
Bisogna sottolineare che il disegno legge non è un lavoro nuovo, in quanto è già dal 2013, che Damiano e Albanella di concerto con i rappresentanti della CGIL di Catania, hanno iniziato questa “crociata nel nome di tutele mancanti”, evidenziando e mettendo nero su bianco tutte le problematiche legate al lavoro dei call center e sottolineando un fenomeno/ abuso messo in atto dalle aziende del settore: sempre più spesso le aziende committenti, anche titolari di concessioni governative, trasferiscano all’estero importanti commesse, che in passato hanno impiegato migliaia di giovani italiani. Ed ecco che non a caso uno dei punti più importanti della proposta introduce una clausola “salva incentivi” ovvero la restituzione dei fondi percepiti negli ultimi 5 anni, punendo le imprese che decidono di delocalizzare.
Un’ulteriore criticità che viene sottolineata durante la presentazione è quella emergente dalla differente legislazione sulla tutela e sul trattamento e la conservazione dei dati personali vigente in alcuni Paesi extraeuropei che rischia di pregiudicare la privacy e la sicurezza dei cittadini italiani, i cui dati, sono spesso visionati e tracciati. Sul punto è intervenuto per l’appunto il presidente Damiano evidenziando che, al fine di ottenere la massima copertura e sicurezza per i dati sensibili, è già stato interpellato il Garante della privacy.
Vengono dunque affermati a gran voce principi di civiltà, principi di tutela del lavoratore ma anche di salvaguardia delle imprese che lavorano nella legalità, e che si ritrovano spesso tagliate fuori dal gioco economico attraverso l’uso/abuso dello strumento della “delocalizzazione” e dello sfruttamento di fasce di lavoratori che fino ad oggi non hanno visto nessuna forma di tutela.
Una realtà evidente soprattutto nella nostra provincia dove i Call center rappresentano un importante fattore di occupazione, impiegando circa 3mila lavoratori a tempo indeterminato e, a seconda dei periodi, tra i 6 mila e i 10 mila lavoratori con contratto a progetto.
Angela Scalisi







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