Oggigiorno molte persone non hanno più il tempo per essere educate, viviamo in un’epoca frettolosa e distratta in cui il massimo che molti sembrano essere in grado di fare è correre, correre e correre… senza sprecare tempo in formalità, gesti carini e frasi gentili! In realtà sembra proprio che la maleducazione sia in aumento. Esiste una ricerca in campo aziendale a tal proposito: “lo studio di Porath”, in cui le autrici Christine Porath e Christine Pearson, per 14 anni, hanno condotto interviste e raccolto dati da oltre 14.000 persone in Usa e Canada per registrare la prevalenza, il tipo, le cause, i costi e i rimedi per l’inciviltà sul posto di lavoro. Esse suggeriscono vari passi che un leader può effettuare per contrastare la villania. I dirigenti dovrebbero iniziare da se stessi, monitorando il proprio comportamento, chiedendo feedback e assicurandosi che le proprie azioni costituiscano un modello per gli altri.
Quando si tratta di gestire l’organizzazione, i capi dovrebbero assumere in modo educato, insegnare mentre lavorano, creare norme collettive e penalizzare le condotte incivili.
Se si lascia che l’inciviltà venga considerata una stravagante bizzarria, avvertono le autrici, può succedere che, anche un solo dipendente posizionato in un posto critico dell’organizzazione, finisca col costare milioni per dipendenti che lasciano, clienti che fuggono e produttività che crolla. Tutti abbiamo sentito o sperimentato, un capo “infernale”. Ma questa è solo una delle forme che l’inciviltà può assumere sul posto di lavoro. La maleducazione sul lavoro è sorprendentemente diffusa ed è in aumento. Che sia bullismo aperto o una sottile mancanza di considerazione, l’inciviltà impone una tassa. Erode la produttività, danneggia il morale, induce il personale ad andarsene e compromette il rapporto coi clienti. Gestirne le conseguenze può assorbire settimane di tempo manageriale.
Lo studio di Porath dimostra inoltre che circa il 40 per cento di noi, in tutti i settori, sostiene di essere sgarbato perché non ha tempo per essere gentile.
Se pensiamo all’espressione “tagliar corto”, che significa proprio “risparmiare tempo impedendo scortesemente a qualcuno di replicare” ci rendiamo immediatamente conto che l’idea che la scortesia faccia risparmiare tempo, mentre la gentilezza ce lo fa perdere, è profondamente radicata nella nostra cultura.
Se ci pensiamo bene è un concetto davvero assurdo, molte forme di cortesia non richiedono tempo: non si fa prima a essere accigliati che a sorridere, né a parlare sottovoce al telefono piuttosto che a urlare.
La scortesia indotta dalla fretta è prevalentemente emotiva in quanto nessuno prende la decisione razionale di risparmiare qualche secondo da una parte per poterlo utilizzare da un’altra.
È piuttosto che la spiacevole sensazione di essere troppo impegnati ci fa diventare impazienti, il pensiero delle cose che abbiamo da fare distrae la nostra attenzione dalle persone con cui stiamo parlando e il risultato finale è la scortesia. La tecnologia inoltre peggiora le cose: da alcuni studi è emerso che la cultura digitale incoraggia uno stile di comunicazione nel quale l’attenzione è distribuita in modo frammentario, prestandola agli altri quando si ha bisogno di informazioni e togliendogliela improvvisamente appena le si sono ottenute, senza nulla che somigli alla fluidità di una normale conversazione educata e rispettosa.
Insomma, può sembrare che la scortesia faccia risparmiare tempo, ma non è così, è solo un modo di avvelenarci la vita e avvelenarla a chi ci sta accanto.
Forse per questo, da qualche parte del mondo, qualcuno ha sentito il bisogno di istituire una giornata dedicata alle buone maniere, ricorre infatti, ogni 13 novembre, la Giornata Mondiale della Gentilezza, lanciata attraverso una conferenza del 1997 a Tokyo e introdotta in Italia dal 2000. Numerose le iniziative in tutto il mondo, in particolare negli aeroporti con l’organizzazione di flash mob. Per la ricorrenza, l’associazione del “Movimento mondiale per la gentilezza” lancia anche una campagna social contro il bullismo.
Questa ricorrenza “serve innanzitutto a richiamare l’attenzione sull’importanza della gentilezza nella nostra società odierna. Una giornata in cui, in definitiva, bisogna essere più felici”. Le parole sono di Cristina Milani, fondatrice della onlus Gentletude e vicepresidente del “Movimento mondiale per la gentilezza” che raccoglie una trentina di nazioni e che ha redatto un decalogo per l’approccio “gentile” agli altri. Eccolo di seguito:
1. Alzati ogni mattina col sorriso sulle labbra, ritenendoti fortunato per il fatto che vivi e puoi dare il tuo contributo alla vita nel mondo.
2. Impara ad ammirare le bellezze della natura in tutte le sue forme, apprezzando l’importanza in un ambiente pulito e favorevole all’uomo.
3. Impara ad apprezzare anche la cultura e l’arte che sono aspetti evoluti dell’umanità e la possono aiutare a crescere.
4. Rispetta con convinzione profonda le regole che la società si è data, perché rappresentano la guida indispensabile per una serena convivenza.
5. Se noti incongruenze o dei difetti nella società, evita atteggiamenti disfattisti, ma impegnati per dare il tuo apporto al suo miglioramento.
6. Guardati intorno: anche nel piccolo orizzonte della tua quotidianità, c’è sempre qualcuno che tu puoi aiutare.
7. Opera soprattutto a favore di coloro che non lo chiedono, perché spesso hanno più bisogno di altri.
8. Non pretendere ricompense per quello che offri agli altri e trova in te stesso la gioia di aver ben agito.
9. Cerca di trasmettere lo spirito della gentilezza intorno a te, così da coinvolgere sempre più persone in un progetto comune di perfezionamento della nostra natura di uomini.
10. Trova la forza e l’entusiasmo per proseguire sul cammino della gentilezza, anche considerando che essa può produrre in te un importante benessere psicofisico.
Insomma, la parola d’ordine è “essere gentili”.
Giusi Lo Bianco







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