Perché mentiamo?‏


Bugia è Babbo Natale.

Bugia è la Befana che vola sulla scopa.

Bugia è la fatina del dentino.

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Perché mentiamo pur sapendo che, prima o poi, saremo scoperti? Sarà perché è più forte di noi? Perché non riusciamo a farne a meno? 

Mentire rivela la complessità della natura umana. L’uomo è un animale simbolico che ha un rapporto con la realtà e con se stesso sempre mediato da parole, immagini, discorsi e racconti. 

La verità è che le bugie ci mettono in contatto con gli altri sia quando ne siamo vittime sia quando ne siamo autori. Per mentire con successo, infatti, bisogna farsi un’idea, per quanto approssimativa e stereotipata, della mente altrui, dei suoi desideri e delle sue aspettative. Quindi spesso si mente per andare incontro agli altri, per essere accettati e accolti, per piacere, per crearsi un’immagine perfetta.

Ma le bugie sono tutte uguali? Pare di no.

Per Aristotele per esempio era molto più grave mentire per denaro che mentire su se stessi perché questo significava esibire dei meriti che non si possedevano per la vanità di apparire.

 Platone, pur essendo molto severo, previde per i governanti la possibilità della menzogna al fine del bene dei governati.

Per Kant invece era gravissima qualunque forma di bugia, anche quella detta per salvare una vita, “No, mentire non si può mai” diceva.

Machiavelli invece la pensava diversamente, egli sosteneva infatti che senza mentire nessun principe avrebbe mantenuto il potere. 

E’ interessante sapere che “bugia” e “menzogna” nell’uso attuale dell’italiano differiscono in maniera curiosa.

La bugia sembra cosa più leggera, da bambini, una specie di marachella, fandonia, frottola…come le bugie di Pinocchio. “Menzogna” invece, avendo la radice in mens (mente) sottolinea l’aspetto del lavoro intellettuale necessario, elevando la menzogna ad arte…quasi degna dell’ingegnoso Ulisse!

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E’ infatti molto più grave sentirsi dire “tu menti” piuttosto che “hai detto una bugia“.

Non si mente per distrazione o ignoranza, si mente solo quando si è convinti di farlo, mentire è un atto volontario.

Sarà dunque necessario mentire? Usare iperboli, cambiare i nomi alle cose, giocare sul loro significato, girarci intorno, confondere l’interlocutore con doppi significati, lasciare intendere altro rispetto alle intenzioni?

Le bugie e i malintesi  costituiscono la trama sottile dell’agire sociale, il tessuto connettivo della nostra vita adulta, ossia della vita quotidiana come rappresentazione.

Tutto ciò, crea, inevitabilmente, atteggiamenti di diffidenza, ipocrisia, malessere, sfiducia.

Cosa ci salva dalla paura che chi ci sta accanto ci stia mentendo? La fiducia. Ci salva la fiducia. 

La fiducia nell’altro è l’unico modo per sopravvivere nel quotidiano. Una vita da diffidenti sarebbe davvero impossibile da vivere.

Giusi Lo Bianco

 

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