Una presa di posizione forte quella dell’Inps che sul suo sito pubblica il documento “Non per cassa ma per equità'”, contenente le proposte normative elaborate dallo stesso e consegnate al Governo nel giugno 2015.
Il documento si compone in tre sezioni: motivazione e descrizione delle proposte normative, articolato, note tecniche sui costi delle misure proposte e le valutazioni dei loro effetti redistributivi. Il pacchetto di proposte, composto da soli 16 articoli, è stato pensato per l’appunto per colpire la povertà incalzante delle famiglie italiane, prevedendo al primo punto e non a caso l’istituzione del Sostegno di Inclusione Attiva per gli ultra55enni, con l’istituzione di “un reddito minimo garantito pari a euro 500 euro (400euro nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne”..
L’Inps propone di reperire risorse in vari comparti tra cui non a caso le 250.000 pensioni d’oro e tra gli oltre 4.000 percettori di vitalizi. “Ci sono costi limitati a carico di circa 230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti al 10% della popolazione con redditi più alti) che si vedono ridurre trasferimenti assistenziali loro destinati in virtù di una cattiva selettività degli strumenti esistenti. Tra i potenziali perdenti – sottolinea l’Inps – anche circa 250.000 percettori di pensioni elevate, legate in gran parte all’appartenenza a gestioni speciali, e non giustificate dai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa, oltre che più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive. Infine, i lavoratori con lunghe anzianita’ contributive (ma che hanno iniziato a lavorare dopo il compimento del diciottesimo anno d’eta’) che decidessero di accedere a pensioni anticipate, si vedrebbero applicare una riduzione di queste prestazioni che puo’ arrivare fino al 10%.
Si tratta di una platea di circa 30.000 persone all’anno e in via di riduzione. Da valutare peraltro se la presenza di correzioni attuariali renda non piu’ necessaria l’indicizzazione alla speranza di vita dei requisiti contributivi per l’accesso alle pensioni anticipate (ad esempio congelando i requisiti a 43 anni per gli uomini e 42 anni per le donne). Infine non rende piu’ possibile per i dirigenti sindacali applicare alla contribuzione aggiuntiva le regole di calcolo piu’ vantaggiose presenti per la gestione pubblica fino al 1992″.
Il documento prevede altresì il riordino delle prestazioni assistenziali per gli ultra65enni, la modifica del regime delle prestazioni assistenziali alle pensioni in regime internazionale, l’aggiustamento attuariale dei trattamenti pensionistici elevati e il ricalcolo dei vitalizi, l’uscita flessibile, l’unificazione gratuita delle pensioni maturate in regimi diversi, nuove opportunità di versare contributi per il lavoratore e il suo datore di lavoro e, infine, l’armonizzazione delle regole dei dirigenti sindacali con quelle degli altri lavoratori nel pubblico impiego.
Le misure, come sottolineato dall’Istituto, se attuate andrebbero a beneficio dei contribuenti attuali e futuri in quanto ridurrebbero il debito pensionistico implicito, aumentando al contempo la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale rendendolo anche più equo e socialmente più sostenibile. Aumentando la libertà di scelta in relazione alla data da cui si decide di percepire la pensione, imponendo equiparazioni di trattamenti fra chi ottiene la pensione prima e chi la ottiene dopo si contribuirebbe – secondo l’Inps- ad aumentare il benessere delle famiglie e a rendere più efficiente la gestione del personale da parte delle imprese, facilitando la ristrutturazione dell’industria italiana. In questo modo si agevolerebbe, sostiene ancora l’Inps, il turnover nella pubblica amministrazione, liberando posti per nuove competenze e si semplificherebbe il sistema, rimuovendo le penalizzazioni in essere per i lavoratori che hanno carriere fra il pubblico e il privato, oltre che fra gestioni diverse, senza mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici, in quanto al contrario porterebbe a ridurre il debito pubblico.
In poche parole il pacchetto di riforme proposto dall’inps, come si legge nella premessa dello stesso, si fonda esclusivamente su tre assi importanti “legati al desiderio 1) di abbattere la povertà, riducendola almeno del 50%, fra chi ha più di 55 anni di età e 2) garantire una transizione più flessibile dal lavoro al non lavoro e viceversa. Ma vi è anche un’aspirazione alla semplificazione della normativa e all’unificazione dei trattamenti contributivi e previdenziali fra gestioni diverse”.
Tutte buone intenzioni, contro cui il Governo si scaglia: il presidente della Commissione Lavoro della Camera non a caso ha invitato l’Istituto a fare il suo lavoro, che non è proporre leggi. “Al momento – secondo una nota del Ministero- si è deciso di rinviare perché quel piano, oltre a misure utili come la flessibilità in uscita, ne contiene altre che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi. Per non far pagare questi costi ai pensionati servono risorse che, al momento, non ci sono. Si vedrà presto come intervenire in modo organico sul tema, ma senza effetti collaterali. Come, peraltro, ha sottolineato anche il Presidente del Consiglio”.
Angela Scalisi







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