Arriva Monkey, il social creato dai teenager



I social network sono siti che consentono di mettere le persone in contatto e far nascere relazioni. Permettono di comunicare e condividere la propria vita con altri utenti che vivono ovunque nel mondo.I social network si con gurano quindi come delle piazze virtuali che espandono la nostra possibilità di comunicare, anche in ambito politico e sociale, trasformandoci in agenti attivi di campagne a favore di quello in cui crediamo.

Il social network ha totalmente aperto e modi cato le frontiere della comunicazione digitale: integra in un solo “contenitore” vari servizi: il pro lo dell’utente, il blog, la messaggistica, il download della musica, la gallery fotogra ca, la community. 

Nei social network, inoltre, è esaltata una delle caratteristiche chiave del Web 2.0, cioè la partecipazione, l’interesse attivo dei membri a trovare amici e coltivare relazioni.

La Community è costituita da un gruppo di utenti che si aggrega in base a interessi comuni, per scambiarsi informazioni, cercare il confronto, attivando varie modalità di in-terazione interna al gruppo che si è formato e che può crescere e sviluppare a sua volta nuove community più specifiche. Il concetto di Community sviluppa nell’utente un senso di identificazione e di appartenenza a un gruppo che ha connotazioni e competenze particolari, che lo differenziano da altri gruppi e ne determinano l’identità. Gli utenti selezionano le modalità di comunicazione e di socializzazione che meglio aderiscono alle esigenze di interazione della Community e creano strategie mirate a implementare lo scambio di contenuti e di conoscenze. Appartenere a un gruppo che si è autoselezionato significa poter accedere al bagaglio culturale, sociale ed emozionale dei membri che ne fanno parte.

L’uso dei social network ha visto una crescita esponenziale negli ultimi anni e coinvolge un numero sempre maggiore di popolazione.

Secondo il 43° rapporto annuale del Censis (Centro studi investimenti sociali), pubblicato all’inizio dell’anno, sono 19,8 milioni gli italiani che hanno almeno uno dei tanti social network esistenti.

Anche una ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha confer-mato l’importanza dei siti di social network tra i ragazzi. “Non si tratta di una centralità, come vedremo, solo d’uso (cioè in termini di ‘quantità’ di minuti passati o di qualità, rispetto al coinvolgimento e profondità nell’uso di tali servizi), ma in primis si tratta di una centralità valoriale.

Quando si parla di centralità dei social network si fa riferimento non solo alla capacità che hanno questi servizi di dialogare, fraseggiare, inserirsi con estrema forza nel tempo quotidiano dei giovani, ma ci si riferisce anche a una centralità che fa percepire ai ragazzi tali servizi sempre più ‘indispensabili’. Indispensabili in quanto legati a una contemporaneità in alcuni casi accelerante e complessa, che necessita di strumenti che semplificano e stabilizzano relazioni e tempi. Ma, viceversa, indispensabili anche perché strumenti in grado di aumentare la molteplicità del reale e le occasioni di socialità.” 

Si parla già dell’era Web 2.0 come di un periodo ormai in fase di conclusione, che sta cedendo il passo al Real Time Web, il web delle comunicazioni in tempo reale, che rappresenta una nuova forma di comunicazione e di essere online: si cercano e si diffondono informazioni su Internet nel momento stesso in cui vengono prodotte.

Con questo fenomeno emerge la centralità delle persone all’interno dei social network: sono gli amici che scegliamo il primo sistema di filtraggio della complessità e della eteroge-neità delle informazioni online, saranno loro a selezionare i contenuti interessanti e di valore. Le nuove tecnologie da questo punto di vista ci mettono in contatto con dimensioni molto umane: spesso qualcosa ci interessa perché interessa a persone a noi vicine. 

Facebook ha tredici anni di anzianità. A capo di Snapchat, la chat “usa e getta” popolare tra i giovanissimi, c’è un gruppo di quasi trentenni. Allora i teenager che fanno? Si creano da soli un social network a loro misura che punta a diventare “l’applicazione numero 1 al mondo”. E’ questo l’ambizioso obiettivo di Ben Pasternak e Isaiah Turner, rispettivamente 17 e 18 anni, che hanno lanciato Monkey. Ha già raccolto oltre 200mila utenti e anche sollevato qualche dubbio sulla sicurezza perché l’app ha un meccanismo simile alla controversa Chatroulette.
Monkey è una video-chat che mette in contatto casualmente “gli amici di Internet”, più che gli amici di scuola o della vita reale, spiegano i due creatori che si sono conosciuti proprio online. Pasternak viveva a Sydney e si era fatto già notare per l’app Flogg (una sorta di eBay per adolescenti, per disfarsi delle cose che non interessano più), Turner era invece basato nel Maryland. Ora condividono un appartamento a New York.

L’app mette in contatto casualmente due persone che non si conoscono, mostrando poche informazioni, se si vuole continuare la conversazione basta diventare amici. E se dopo dieci secondi entrambi i partecipanti alla chat non scelgono di continuare aggiungendo più tempo, la conversazione finisce. Un meccanismo veloce e controverso, simile a quello dell’app Chatroulette, lanciata nel 2009, che ha finito per proporre prevalentemente contenuti sessualmente espliciti.
Monkey “è per una comunità estremamente ‘pulita’”, tiene a sottolineare Pasternak che insieme al suo socio ha aperto un profilo su Snapchat per raccogliere i problemi segnalati dagli utenti. Al momento – secondo il New Yorker – con questo meccanismo l’app ha totalizzato circa mezzo milione di chiamate casuali tra i suoi utenti. “Avevo gruppi di amici ovunque, da YouTube ai forum di tecnologia – spiega Turner al sito Mashable -. Con gli amici della vita reale si possono generare pettegolezzi o drammatizzare situazioni, con quelli online non ci sono legami, puoi lasciarti andare di più”.
A poche settimane dal lancio Monkey ha superato i 200mila utenti ed è entrata nella classifica delle 25 app più scaricate dall’App Store. Uno degli assi nella manica è l’integrazione con Snapchat, una delle chat più usate dagli adolescenti. Secondo Pasternak la media di età degli utenti di Monkey è di circa 17 anni anche se – fa notare Mashable – all’atto dell’iscrizione è facile barare sull’età. Un altro punto controverso.
“Uno dei problemi delle app che girano al momento è che sono progettate da adulti, noi invece siamo sia creatori sia utenti. Questo è una sorta di mondo sommerso per i più grandi”, spiegano Ben Pasternak e Isaiah Turner.
Benchè i due giovani sviluppatori ci tengano a mantenere le distanze dal mondo adulto, le prime congratulazioni sono arrivate proprio dai big: il capo di Apple Tim Cook ha scritto loro una email e un messaggio è arrivato anche da John Maloney, l’ex presidente Tumblr, la piattaforma usata anche da Obama. E uno dei due, Ben Pasternak, presenta già dei tratti maniacali come Mark Zuckerberg e Steve Jobs: indossa sempre lo stesso tipo di pantaloni. “Non scegliere l’abbigliamento – dice – fa risparmiare un anno e mezzo della propria vita”.    
Giusi Lo Bianco

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