
S. Agata Li Battiati è stata considerata da sempre il salotto dell’hinterland catanese, punto di snodo tra la città di Catania ed i paesi etnei. Nonostante la sua importanza logistica e residenziale, i battiatoti da tempo avvertono molteplici disagi e reclamano maggiore riguardo per le strutture esistenti, lasciate in stato di semi abbandono, ed in più la possibilità di avere un teatro degno del salotto culturale che rappresentano.
In occasione dello spettacolo teatrale “Quannu Berta filava”, tenutosi il 23 settembre scorso, nei locali della biblioteca comunale, il Primo Cittadino Marco Nunzio Rubino, da poco insediatosi (100 giorni), ha annunciato la futura realizzazione del Teatro Comunale, cosa che nessuno precedentemente era riuscito a concretizzare, dando alla comunità battiatota dignità intellettuale e la possibilità di accogliere artisti, come ad esempio Orazio Aricò che gratuitamente ha donato il suo spettacolo alla città di Battiati di cui egli stesso fa parte.
Platea gremita, applausi e grande successo sono stati i risultati che solo uno spettacolo ad alti livelli artistici può riscuotere.
Dall’intervista al regista ed attore Orazio Aricò, nostro Premio della Stampa alla carriera artistica, emerge la volontà di raccontare, attraverso il suo spettacolo, un viaggio nello spazio e nel tempo di una Catania anni 50’ fino ai nostri giorni. La chiave di lettura, apparentemente divertente per via del colorito linguaggio dialettale, è certamente sarcastica. Il viaggio, per l’appunto rappresentato dalla sua apparizione in scena con la valigia in mano ed il cappotto, accompagnato dalla magistrale voce del tenore Antonio Costa,e dal supporto canoro di Beatrice e Fabiana Costa, parte dai quartieri popolari di Catania, contraddistinti quartiere per quartiere da voci di donne intente a far faccende od a litigare col vicinato, da ambulanti che urlano la mercanzia con parole a doppio senso, fino ad arrivare alla porta Uzeda, “stargate” tra la Catania popolare e la Catania “bene”. Superlativo il confronto tra le due classi sociali, accomunate dallo stesso sole , cielo e mare, ed uguali dinanzi alla morte. Gli anni 50 rappresentano gli anni del boom economico e della politica repubblicana. L’ascesa delle economie di scala hanno portato a quel modernismo ingannevole, creando una società improntata al consumismo ed all’ inquinamento ambientale incontrollato.

Il maestro Aricò, prendendo in prestito la frase storica “ai tempi di quannu berta filava”, per stare ad indicare che lì in quei tempi andava tutto bene, la vita era tranquilla scandita dai tempi della tessitura, lenti e ordinati, si pone in antitesi con il modernismo attuale, caotico e ricco di distrazioni, denunciando tutti i mali sociali attuali derivati come conseguenza.
Il suo girovagare, come un viandante che ascolta ed osserva cogliendo le sfaccettature di ogni dove, termina con l’ironia teatrale di chi ha vissuto quei tempi suscitando ricordi e sorrisi tra il pubblico in qualche modo protagonista del suo racconto.
Grandi applausi al maestro Orazio Aricò ed al tenore Antonio Costa.
Valeria Barbagallo






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