
La globalizzazione massiccia tende a privilegiare la diffusione di pochissime varietà di grano,più produttive a livello di quantità,in tutto il mondo.
I laboratori delle multinazionali trascurano la qualità e i biotipi di grano del passato e per questo motivo i ministeri nazionali e i grandi mulini si stanno interessando ad alcune varietà antiche,per sottrarre il monopolio alle industrie che pensano solo alla produzione sconsiderata e al proprio tornaconto.
In Italia c’è già da un secolo una scarsa produzione di
grano,aggravata nel secondo dopoguerra dalla mancanza di braccia per la sua coltivazione. Basti pensare che l’Italia produce solo il 40% del frumento di cui ha bisogno,mentre il resto viene importato dagli Stati Uniti,dalla Russia e dai paesi dell’Unione Europea.
Il genetista Nazareno Strampelli potenziò la produzione grazie ad alcuni incroci di varietà di grano,il più noto è il grano duro Senatore Cappelli,mentre al sud sono presenti altri frumenti che risalgono a tempi antichissimi,fra i quali il Khorasan,prodotto in Puglia e Basilicata,ottimo per le pizze grazie alla sua alta digeribilità.
Anche se da qualche anno le aziende molitorie italiane hanno deciso di produrre, grazie alle convenzioni con gli agricoltori,dei grani storici,in realtà il nostro organismo li riconosce da sempre,per questo non provocano intolleranze alimentari.
I genetisti italiani,ricercatori nelle università,hanno riscoperto le proprietà nutritive di altre varietà di grano,più funzionali alle necessità alimentari.
Quelle più rivalutate sono il Gentil Rosso,il Saragolla,il Rieti,il grano tenero Verna,di origine toscana,trascurato per diversi decenni,che invece per il basso contenuto proteico si è rivelato facilmente digeribile per chi soffre di intolleranze alimentari.
Valeria Di Bella






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