Suburra: il giorno prima


Netflix ci propone una nuova serie televisiva “made in Italy” prequel del celebre film SUBURRA (regia di Sollima)  i cui dieci episodi sono diretti da Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi.

Dal romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini prende vita questo filone narrativo che vede come protagonista La Capitale e i suoi altezzosi vizi capitali come recita la colonna sonora scritta e interpretata da Piotta.

A mio parere un po’ troppo delicato il racconto di questa Roma paradossalmente sempre pulita e senza traffico e dai dialoghi semplicistici, ma forse è proprio questo il bello dell’espediente narrativo utilizzato: la facilità di coinvolgere tutti i fruitori del telefilm.

La malavita organizzata si evolve e si incrocia con gli interessi del Campidoglio e del Vaticano  e si scontra con le vite di tre giovani ragazzi “destinati”: Aureliano Adami, Alberto Anacleti detto Spadino e Gabriele “Lele” Marchilli.

Francesco Acquaroli nella serie interpreta il criminale incallito per antonomasia, l’amministratore di tutte le dinamiche occulte di Roma, la bilancia fra tutte le famiglie mafiose italiane, Samurai, personaggio ispirato a Massimo Carminati, “il nero” della Banda della Magliana, oggi in carcere, ma non riesce a soddisfare le aspettative nate dopo aver visto l’interpretazione di Claudio Amendola nel film.

Il ruolo delle donne e l’omosessualità non accettata di Spadino talvolta sembrano un riempitivo nello sviluppo della storia. Difatti, al di là dell’impeccabile Claudia Gerini nelle vesti di Sara Monaschi, le altre donne, compreso il personaggio di Livia, sono mero colore, contorno di una storia in cui la loro presenza o la loro assenza nulla avrebbe variato.

Un finale sospeso alla decima puntata che lascia intendere la possibilità di una seconda stagione.

Alessia Aleo

 

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