
L’elusione e l’evasione sono dei fenomeni molto affini per lo scopo e gli effetti che raggiungono, cioè non versare al fisco quanto dovuto, con tutte le conseguenze macroeconomiche che ne derivano , ma hanno di per sé delle peculiarità molto diverse. Il fenomeno dell’elusione ha una portata ampia ed è attuabile con diverse tecniche, che apparentemente si presentano giuridicamente ineccepibili. Difatti, sebbene non sfuggano all’Amministrazione finanziaria gli artifici progettati minuziosamente da esperti della materia per raggirare il fisco italiano, non sempre è però possibile smascherare del tutto tali comportamenti, dovendosi dare prova che violino la legge. Si resta, dunque, in quella zona grigia, in cui non è semplice dimostrare un comportamento antigiuridico. Poiché è necessaria la certezza del diritto per poter condannare un reato, ecco che in tema di elusione difficilmente si potrebbe parlare di reato. Da ciò ne deriva che la parte forte sarebbe il contribuente, poiché avrà il vantaggio di sfruttare la frammentarietà della normativa tributaria per costruire sistemi elusivi inattaccabili. La norma antielusiva racchiusa nell’articolo 37 bis del Dpr 600/ 73, predispone delle fattispecie giuridiche che servono ad individuare gli atteggiamenti distorti del contribuente. Strumentalizzare le leggi per ottenere un risparmio fiscale equivale concettualmente ad un reato, perché si approfitta di una condizione lecita al fine di conseguire un vantaggio economico, abusando di sgravi od esenzioni indebite. Negli ultimi anni, c’è stata e continua ad esserci, una forte attenzione al problema, perché il fenomeno ha preso delle sproporzionate pieghe economico- sociali. Il mondo dell’e-commerce, degli affari virtuali è diventato quasi inaccertabile, per via di un sistema di controllo che risente dei limiti delle normative interne ed estere non ancora al passo con il mondo digitale. Infatti colossi economici come Amazon, Apple, Google, Facebook, Yahoo, sono la prova di quanto il nostro ordinamento sia facilmente raggirabile, le verifiche sono lunghe e farraginose ed alla fine, laddove sia dimostrabile la violazione dell’articolo 53 della Costituzione, si finisce sempre con il trovare accordi di favore, anziché punizioni, con il Governo, mediante sconti e stralci d’imposta, a danno dei contribuenti onesti (che magari non hanno mai usufruito di alcuno sconto). L’evasione, invece, è contemplata come reato, per il sol fatto che il contribuente manifesta coscienza e volontà a non versare al fisco il dovuto, non contribuendo al sostenimento della spesa pubblica. Non possiamo definirla, dunque, una tecnica od un raggiro, quanto piuttosto un mancato versamento dell’imposta od un occultamento od infedeltà della dichiarazione dei redditi. Dunque, tra elusione ed evasione esiste un divario di natura giuridica, che consente all’Amministrazione finanziaria di accertare, in tema di evasione, la sussistenza di una violazione alle norme tributarie e penali. In questo caso, infatti, la certezza del diritto rende più debole la posizione del contribuente evasore, non potendo, questo, aggrapparsi ad appigli normativi. Occorre però precisare che è il fisco ad esser soggetto all’onere della prova, quando l’evasione del contribuente, superate le soglie quantitative, ricade nelle sanzioni penali, mentre per le sanzioni amministrative tutto questo non accade, in quanto verranno irrogate comunque. Negli ultimi tempi, si sente parlare nei tribunali penali della cosiddetta “evasione fiscale di sopravvivenza”, legata essenzialmente ai motivi che hanno indotto ad evadere. Il punto centrale di questa riflessione (addotta dalla difesa nei tribunali), in pratica, è che non ci sia una volontà a fuggire dal fisco, quanto piuttosto una condizione dettata dalla necessità di evitare un danno peggiore. Se , ad esempio, l’imprenditore si trova nelle condizioni di dovere operare una scelta tra il pagare i salari ai lavoratori per continuare l’attività ed il pagare le tasse, e sceglie la prima opzione, i giudici potrebbero anche ritenere che il “fatto non sussiste” come reato penale. Purtroppo però non tutti i tribunali hanno accolto quest’orientamento, evitando , a ragion veduta, di innescare meccanismi secondo i quali potrebbero essere giustificati comportamenti evasivi, con la possibilità di divenire, alla lunga, una tecnica per non incorrere in sanzioni penali. Inoltre, il “monitoraggio dell’evasione e delle spese fiscali” introdotto con il D.lgs 160/2015, consente di valutare il “tax gap” tra quanto effettivamente incassato e quanto stimato di gettito in condizioni ottimali. Al Governo è affidato il compito di vigilare sul monitoraggio, presentando in Parlamento un Rapporto in cui sono evidenziate le statistiche Istat riguardo le stime di evasione, compresa l’economia sommersa. In conclusione, si può dire che lo Stato stia cercando di dare un giro di vite anche a tutti quei fenomeni che sono sottesi all’elusione ed all’evasione, utilizzando nuove tecniche di controllo, a volte anche un po’ pregnanti ed invasive della sfera privata, con l’auspicio che ciò possa fare da deterrente a chi non volesse partecipare al gettito erariale e che si possa non considerare un’utopia la ripartizione della spesa pubblica tra tutti coloro che producono reddito, perché la soluzione più semplice ed immediata a questi problemi sarebbe ovviamente di “pagare tutti per pagare meno.”
Valeria Barbagallo






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