PAROLA ALL’ESPERTO


a cura della dott.ssa Valeria Barbagallo

I MINORI SI DEVONO ASCOLTARE

L’articolo 315 bis c.c. rubricato “diritti e doveri dei figli” oltre a sancire “tutta una serie di situazioni giuridiche riconosciute  trasversalmente a tutti i figli”, nonché intrattenere significativi rapporti con i parenti ed inoltre di contribuire al mantenimento della famiglia compatibilmente con le proprie capacità e sostanze, rileva al terzo comma il diritto per “ il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici ed anche di età inferiore ove capace di discernimento…”, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

L’ interesse nasce dalla complessa analisi del percorso evolutivo che lo “status” di figlio ,e ancor più “minore d’età”, ha subìto nel corso del tempo , nonché dei suoi bisogni e interessi. Tale percorso, si esplica dalla posizione del minore da “oggetto di tutela” a “soggetto titolare dei propri interessi e diritti”. Ovviamente è fondamentale collocare questo cambiamento all’interno dell’evoluzione del modello familiare, infatti  la famiglia  è intesa come  “società naturale” portatrice di maggiori e nuove esigenze  soprattutto quando si trova ad interagire ed a confrontarsi con il mondo sociale esterno, dunque “storicamente condizionata”.

In questa prospettiva va inquadrato il mutamento  dei ruoli dei componenti del nucleo familiare, si pensi ad esempio al ruolo della moglie dapprima  sottoposta al marito (capofamiglia) e successivamente equiparata allo stesso ruolo del marito nel governo della famiglia e nella potestà sui figli (riforma del 1975); così come quello dei figli,  inizialmente sottoposti alla potestà del padre ( invece la potestà della madre era subordinata alla morte del marito)  il quale aveva anche  autorità “correttiva”,  fino ad essere stata notevolmente ridimensionata. Inoltre, i figli erano dapprima distinti tra legittimi , naturali (adulterini) e irriconoscibili ( solo in quanto frutto di relazione incestuosa) con relative conseguenze personali (ad esempio i figli naturali non potevano essere riconosciuti dai genitori e successivamente ciò poteva accadere solo per il genitore non unito in matrimonio) e patrimoniali (i figli naturali non potevano ereditare)  man mano modificate, fino ad essere riconosciuti e unificati, ma solo recentemente, come “figli”, tutti con pari diritti (Lg 219 del 10 dicembre 2012), ponendo fine  pertanto al presupposto logico -formale del rapporto di “coniugio” sul quale , seppur con valenza non discriminatoria, era stata edificata fino ad allora una distinzione giuridica.

Il nostro Ordinamento a dire il vero non è stato certamente il promotore dei nuovi assetti giuridici, anzi ,a volte secondo alcuni opinionisti è sembrato quasi diffidente a voler affidare al minore una così delicata responsabilità, ma indubbiamente non si è potuto sottrarre  all’obbligo di recepire le normative sovranazionali, sensibili alle nuove esigenze sociali ,di dar voce ai bisogni ed ai desideri, di chi fino ad allora riceveva passivamente decisioni sulla sua persona,senza potervi intervenire direttamente ed escludendo dunque la possibilità al minore di difendere i propri interessi.

Decisiva, in questo processo di promozione dei diritti del minore è stata la Convenzione di New York del 20 maggio1989 sui “diritti del fanciullo” che ha avuto immediata applicabilità ( self executing) nel nostro diritto interno, ma solo nel 1991 viene ratificata con la legge n. 176. In particolare l’articolo 12 della Convenzione sancisce il diritto di ascolto del “fanciullo capace di discernimento di esprimere  liberamente la sua opinione..” ; in tale ottica và ravvisato il carattere promozionale  dei bisogni del minore  ma anche di “autodeterminazione dinamica” e cioè non semplicemente “oggetto di tutela” ma contribuisce ad auto tutelarsi in virtù del principio personalista di individuo, di soggetto con autonomia di pensiero capace di avere opinioni proprie e percepire gli eventi esterni al suo io. Indubbiamente, ruolo fondamentale gioca la capacità di discernimento del minore che mutuata nel nostro ordinamento dalla Convenzione dell’ONU non ha acquisito nella giurisprudenza civile, differentemente da quella penale (con il codice Zanardelli e codice Rocco), una vera e propria categoria giuridica di riferimento, per cui sovente ci si interroga  se i nostri Giudici ed operatori del diritto, siano davvero in grado di approcciarsi al minore e valutare i bisogni che questi possa  esprimere.

La Convenzione di Strasburgo del  25 gennaio del 1996 ratificata  il 20 marzo 2003 dà un ulteriore risvolto al tema dell’ascolto del minore, introducendo il diritto per il fanciullo di essere informato preventivamente di tutti i procedimenti lui riguardanti ,  il cosiddetto “ascolto informato”, e l’obbligo per il giudice di ascoltarlo ( laddove non venga pregiudicato il suo maggiore interesse ossia il suo benessere).

Tale obbligo è stato ribadito nelle “Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura del bambino” adottato dal Comitato dei Ministri nel 2010, ed è proprio questo il tenore dell’articolo 315 bis c.c.

E’ notevole scorgere che nell’articolo in questione viene utilizzato il termine “ascolto” in luogo di “audizione”, a sostegno di tale mutato concetto, anche nell’articolo 336 bis c.c. si parla di “ascolto” del minore e dei procedimenti relativi sul “come” , il  “da chi” e il “perché non” essere ascoltato.

L’ascolto indubbiamente richiede un’attenzione attiva, bisogna saper cogliere degli aspetti che non provengono solo dal linguaggio verbale ma anche da quel linguaggio “non verbale” che  certamente non un Giudice  ma,  specialisti (CTU) del settore psicologico e psicoterapeutico riescono a capire.

Vanno inoltre ricordate quali siano le  maggiori circostanze che riguardano il minore nei procedimenti civili e dove dunque sia fondamentale la sua opinione e cioè: nella declaratoria di adottabilità, dove il minore va ascoltato e deve dare il suo consenso ad esser adottato; nei provvedimenti “de potestate”  in merito ad esempio all’affidamento temporaneo ; sottrazione internazionale, il minore in questo caso  deve esprimere la sua scelta  sul genitore con cui intende vivere pur sapendo di affrontare una scelta anche territoriale ( a causa del genitore che lo ha illecitamente sottratto e trattenuto all’estero); ascolto e secondo riconoscimento, con cui il minore di 16 anni può decidere se essere riconosciuto dal genitore naturale previo consenso anche dell’altro genitore; etc…..

Infine negli ultimi anni ,è stato istituito In Italia il “Garante per l’infanzia” che , tra gli svariati compiti attribuitigli, svolge quello di ascolto dei bisogni e disagi del minore soprattutto di quelli meno abbienti ,attivandosi per dare un valido sostegno professionale e di tutela.

A tal proposito andrebbero sottolineate le svariate alternative a cui il nostro sistema giuridico potrebbe prestarsi in tema di “partecipazione del minore alle proprie esigenze” che non deve intendersi solo come ascolto dinanzi un procedimento giuridico già in atto per sanare una situazione patologica, bensì una forma preventiva da attuarsi al di fuori dal contesto giuridico. Figura importante a tal uopo è quella del Mediatore Familiare , che professionalmente  allinea la comunicazione dei soggetti interessati e dà avvio ad accordi equi. Altra alternativa sono i Gruppi di parola, dove il bambino può confrontare le proprie esperienze familiari con altri bambini nelle stesse condizioni.

Valeria Barbagallo

Lascia un commento

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑