PAROLA ALL’ESPERTO – LE REAZIONI DEI FIGLI ALLA SEPARAZIONE


Spesso i genitori separati non sono in grado di far fronte a ciò che consegue la separazione psicologica, ancor più di quella giudiziale. Come già ribadito nei precedenti articoli, il conflitto tra i coniugi, se non saputo gestire, inasprisce ed esaspera il rapporto, con risultati negativi sui figli. Purtroppo, quasi paradossalmente, l’amore per loro, lo si vive in maniera egoistica, innescando meccanismi di rivalità genitoriali nella loro gestione. A volte,  si assiste ad una gara a chi sa far meglio, con sovente tendenza a svalutare il ruolo dell’altro.

Ciò che maggiormente sfugge è il danno che si provoca, che ahimè si vedrà nel lungo termine. Infatti, i bambini e gli adolescenti hanno un meccanismo di elaborazione ben diverso da quello di un adulto, pertanto il disagio vissuto sin da piccoli nel tempo potrebbe avere delle conseguenze sul piano emotivo, psicologico e relazionale.

Nel 1980 gli psicologi  Judith Wallerstein e Joan B. Kelly , condussero  uno studio longitudinale su sessanta famiglie  e 131 bambini, per un periodo di cinque anni, dopo il divorzio. Durante questo periodo riuscirono ad individuare delle reazioni comuni nei  bambini suddivisi in fasce di età.

C’è da dire che però, non tutti mostrarono gli stessi sintomi reattivi, poiché molto dipese dalla capacità o meno dei genitori di gestire la separazione agli occhi dei figli.

Perlopiù si evinse che i bambini tra i 2 ed i 5 anni, esternavano comportamenti di confusione, ansia, paura, dovuti anche al fatto che i genitori non riuscivano a dare spiegazioni su ciò che stava accadendo, mostrando pertanto insicurezza. Inoltre, in questa fascia di età evolutiva accadeva che i bambini manifestassero un forte desiderio e fantasie di riconciliazione. A livello psico-somatico, si registrarono anche accrescimenti spropositati della paura del buio, regressioni come enuresi notturna e perdita del controllo degli sfinteri, comportamenti di attaccamento fortemente dipendenti e disfunzioni alimentari.

Nei bambini tra i 5 ed i 7 anni, i sentimenti maggiormente predominanti erano quelli di tristezza , sofferenza ( assimilabile a quella del lutto), nostalgia del genitore assente, senso di abbandono anche del genitore affidatario. In alcuni casi, anche  manifestazioni di rabbia verso il genitore ritenuto responsabile della rottura.

Nella fascia tra gli 8 e i 12 anni, si evinse che c’era  maggiore consapevolezza. I figli avvertivano  il senso della solitudine, del rifiuto, della perdita, con la tendenza a schierarsi dalla parte di un genitore. In questa età particolare , preadolescenziale, iniziavano  ad avere un peso importante le relazioni amicali, e,spesso, avvertivano un senso di vergogna per la situazione familiare. Tra le  altre conseguenze registrate, disturbi del sonno e l’influenzabilità in comportamenti devianti.

Tra i 13 ed i 18 anni , invece, le reazioni dovevano fare i conti con il periodo dell’ adolescenza. I fratelli maggiori si sentivano  caricati della responsabilità dei fratelli minori. Possedendo capacità di discernimento,  spesso, venivano chiamati in causa per decidere con quale genitore stare. Altri sintomi : cadute improvvise dell’andamento scolastico, diffidenza  nei confronti degli altri, più attenzione  all’aspetto economico, paura di ricevere meno.

Questi studi ebbero un grande successo nel mondo della psicologia. Difatti tutt’oggi queste osservazioni, sono molto aderenti alle problematiche relazionali tra genitori/figli e figli /ambiente esterno, odierne.

Poiché non è sempre semplice riconoscere queste sintomatologie , non bisogna trascurare l’eventualità di affidarsi alla mediazione familiare. Riuscire a cambiare l’approccio con la nuova riorganizzazione familiare ed a capire i bisogni dei figli, sarà la loro ancora di salvezza .

Valeria Barbagallo

 

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