PENNE EMERGENTI – Maria Francesca Molinaro


A cura della dott.ssa Valeria Barbagallo

Cari lettori, vi presento la new entry Maria Francesca Molinaro. Magari qualcuno la conosce già perché scrive per più blog, e noi di Acicastelloinforma non potevamo farcela scappare.

Il suo modo brioso e raffinato di scrivere e descrivere vi incanterà senz’altro. Oggi il suo argomento è il Cinema. Buona lettura!

 

GUADAGNINO E LA SUA NON CONVENZIONALE CONFORMITÀ

Con “Chiamami con il tuo nome” il regista palermitano Luca Guadagnino sembra voler offrire al pubblico l’incanto di una storia d’amore incontaminata che si spiega fra le spighe di grano di un’Italia quasi malinconica nella sua rappresentazione bucolica.

E’ l’Italia degli anni ottanta quella in cui il giovane Elio, diciassettenne ebro di sangue misto, viene a fare la conoscenza dell’apollineo Oliver, americano ventiquattrenne, ospitato nella casa di campagna dal suo professore di Archeologia, padre di Elio, per lavorare alla sua tesi post dottorato.

Proprio in quella cornice quasi stilizzata  fra Elio ed Oliver viene ad instaurarsi dapprima una profonda amicizia che, vestitasi di coraggio, si sublimerà in un rapporto più intimo e passionale.

Con questa pellicola, Guadagnino conclude la sua “trilogia del desiderio” dopo “Io sono l’amore” (2009) ed il più fortunato “Bigger Splash” (2015) raggiungendo probabilmente il culmine della sua carriera, finora,  con un film che fra innumerevoli premi e candidature ne ottiene ben quattro agli Oscar.

L’intera storia si sviluppa nelle campagne dorate del Nord d’Italia, in un ambiente raffinato, in una famiglia che fin dall’inizio fa della sua cultura un tratto distintivo, quasi estremizzato, in cui si parlano più lingue con una fluidità invidiabile, si traduce dal tedesco seduta stante, si leggono libri ad ogni ora del giorno, si scoprono statue antiche in uno sfondo che comunque, forse volutamente, viene a contrastare con quella che è la visione decadente della vera Italia, macchiata dallo sviluppo industriale e da opinioni e luoghi comuni spicci. Non di certo una novità in Guadagnino; uno  scivolone simile gli è stato imputato anche nelle sue precedenti pellicole. Ancora una volta, infatti, si sceglie di filtrare il Bel Paese attraverso espedienti negativi, di sottolineare in modo non così implicito, la politica corrotta e la presunta ignoranza di un popolo di rassegnati. Ed è l’Italia di Bettino Craxi, dei manifesti socialisti nella piazza intitolata alla battaglia del Piave, la stessa Italia dove ancora diverse famiglie espongono quadri che ritraggono il Duce perché come Oliver stesso spiega nel film, di cosa ci si stupisce, “this is Italy!”

E’ un’Italia grossolana, che si rispecchia nella conversazione concitata che avviene fra i genitori di Elio ed una coppia di amici italiani che discutono del famoso pentapartito di Craxi, criticandolo in modo maldestro, pieno di un’enfasi gratuita, gesticolando, in contrapposizione ad una compostezza più elevata che appartiene ai due coniugi Ebrei. Non di certo un elemento di rottura con i canoni Hollywoodiani secondo cui l’Italia viene usualmente rappresentata. Solo anni prima, nonostante questa sua estetica volutamente Felliniana, Sorrentino portò all’Oscar un’Italia vuota, impregnata di una bellezza quasi inconsistente.

Altro elemento di una mancata rottura con Hollywood è la storia omosessuale che viene raccontata da una forma, tuttavia,  quasi poetica, dove la cinepresa segue con magistrale intimità e timidezza lo sbocciare dell’amore che legherà i protagonisti del film. Benché sia stato ripetuto più volte di non vedere, categorizzare, “Chiamami con il tuo nome” come solo ed esclusivamente un film a tematica lgbt ( cosa che comunque ne ha sancito il successo ndr) bensì di coglierlo dal punto di vista  del regista  come un film che racconta ad occhi chiusi, basandosi solo sulle sensazioni, una storia d’amore ritenuta non convenzionale, il film racchiude, tuttavia,  gli espediente e l’avvicendarsi canonici di quasi tutti i film a tematica omosessuale proposti e premiati “dal cinema che conta”.

Al di là di un punto di vista magistrale nell’ambientazione, di questa antica villa di un laconico fascino alla Visconti, fra polvere sui libri e soffitte abbandonate dove la sessualità del giovane Elio si spiega in un modo che è stato addirittura paragonato alla sensualità proposta da Almodòvar, per l’ennesima volta la storia d’amore omosessuale viene rappresentata come una sorta di digressione effimera che con un finale, alquanto banale, si carica di espedienti già visti e rivisti in una pellicola che comunque (per ora) lascia l’amaro in bocca.

E’, ancora una volta, un tipo di amore emarginato ed emarginante, tinto di tristezza,   confusione, che continua a propinare l’omosessualità ad Hollywood come un qualcosa  che scaturisca differenza, discriminazione, distanza dalla società etero normale in cui lo stesso Oliver vuol rientrare a far parte nonostante continui a chiamare il suo amore con il proprio nome.

Si tratta, dunque, di una visione tendenziosa che nel suo implicito mostra l’amore gay sotto un filtro non positivo, non integro decidendo di esporre, di stare come sempre su di un unico lato della realtà .Nonostante la sincerità, la spontaneità, l’amore per la cultura, il rispetto che contraddistinguono Oliver ed Elio ed il loro legame, nonostante il bellissimo discorso estemporaneo che il padre gli  riserva  sul valore del dolore come è giusto che sia, fine all’apprezzamento di un amore così sincero e raro, nonostante i tentativi, in parte riusciti, di cucire uno sfondo idilliaco culturale spontaneo, delicato, se non fosse stato per l’esacerbazione  di questo stesso clima, dei discorsi, di scene dalla sessualità forse gratuita, “Chiamami con il tuo nome” resta un film degno di nota per un regista italiano che si approccia al genere, per la semplicità quasi impacciata di ciò che rappresenta senza, però, mostrare alcun elemento di rottura con film a tematica simile, rimanendo dunque un perfetto film sotto l’influenza Hollywoodiana. Nè più, né meno.

Maria Francesca Molinaro

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