È con Apicio, gastronomo e cuoco assai celebre tra i banchetti dell’antica Roma, che ritroviamo la prima forma d’agrodolce della storia. Miele e aceto, il perfetto equilibrio tra il dolce e il salato, una progressiva ed affascinante affermazione di un sapore, il dolce, sull’altro il salato. A fare d’ago della bilancia, tra i due temerari, l’immancabile agreste dell’aceto. Il gusto dettato dall’agro ha sempre riguardato tutti i ceti sociali, il dolce, per tanto tempo, qui in Sicilia, è stato un privilegio di classe. E se il dolce era un privilegio della cucina dei ricchi, quella del popolo faceva un grande uso di sale. Dolce, salato, aspro, aromatico. Ecco fatto l’agrodolce! Sapete c’è un piatto in Sicilia che ha mille anni di storia, è la caponata! Ma basta chiedere in giro, e si sa veramente poco sulla caponata, a noi, vista la confusione, l’arduo compito di raccontarvi passo per passo la vera storia.
Olio di oliva, melanzane, capperi, olive verdi, sedano, cipolle, alloro, pinoli, uva passolina, basilico, strattu di pomodoro, e il trait d’union: l’agrodolce. Queste, diciamocelo, sono le note imprescindibili per l’esecuzione di questo straordinario piatto che porta con sé tutta la storia della nostra meravigliosa isola. Qui, in Sicilia, la caponata è una cosa seria, c’è chi la fa in un modo, c’è chi in un altro, ma a prescindere dal modo in cui si faccia, non è ammesso parlare di caponata se non si conosce la sua vera storia, ed è nostro privilegio, oggi in questo blog, raccontarvela.
Iniziamo, per tanto, a parlarvi dei petonciani, l’antico nome delle melanzane, ortaggio protagonista di questo nobile piatto barocco. Ma “povere melanzane”, sono state per tanto tempo viste come ortaggi tutt’altro che gradevoli, addirittura bandite dalle mense. Vi chiederete perché? La questione, insomma, era dovuta, al loro retrogusto amarognolo, che disgraziatamente istigava alla repulsione. E per tutto il periodo del Medioevo l’amaro era un segno preciso, il segno del diavolo. Lo stesso nome latino, diciamocelo, non le dava merito: mala insana, che metteva in evidenza la sua insalubrità. Malsane fino ad un punto tale che avrebbero danneggiato mente e corpo.
Pare che gli abitanti dell’isola, malgrado tutto, ne abbiano abbondantemente mangiato fin da sempre, diciamocelo, quando c’è fame le dicerie si ascoltano poco. Ma qui in Sicilia di Caponata non esiste solo una, esiste quella della costa, dell’interno, dei poveri e dei ricchi.
Ai nobili e ai pescatori, i soli che se lo potevano permettere, per preparare la caponata era concesso il lusso dell’uso del pesce, proprio così, avete capito bene, del pesce! In mezzo ai tocchi di melanzana fritta, tocchi di pesce capone per taluni, o polpi e cozze per altri. Mentre ai contadini, e per coloro che abitavano l’entroterra non rimaneva che usare le sole melanzane. E se nella Sicilia occidentale la caponata si faceva con le sole melanzane, nell’altro versante, quello orientale, immancabili dovevano essere i peperoni e le patate. Falla come vuoi, ma non toglierci mai l’agrodolce. La caponata, è patrimonio gastronomico dell’isola, crocevia di popoli, pertanto sta a noi siciliani custodirne la storia, i colori e l’inconfondibile sapore.
Vi invitiamo a chiudere gli occhi e ad assaggiare con una forchetta la nostra caponata barocca fatta con pesce e cosparsa di cacao, insomma come vuole l’antica tradizione dei Monsù, siamo sicuri che il suo gusto unico, vi lascerà senza respiro, com’è giusto che sia. Sarà il nostro modo tutto siciliano, di farvi conoscere l’isola, in un solo boccone, e se ci sapremo fare, preparandola come vuole la tradizione, fidatevi, lasceremo tutti senza “ciatu”…
Kalos- Calogero Matina






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