Il mio nome è Giusi; non fumo, amo il vino, ma non ho problemi di alcolismo né dipendenze particolari, a parte quella da una nota merendina con crema di nocciola ricoperta di cioccolato. Ma so che posso smettere quando voglio. Sono fifona all’inverosimile, non ho il benché minimo senso dell’orientamento e avendo lavorato sedici anni in una scuola privata alle dipendenze di suore…beh fate voi!
“E quindi?”, vi starete chiedendo.
“E ora che vuoi? Perché questa pantomima? Perché quest’atmosfera da seggioline in circolo e quest’aria da autocoscienza da gruppo di auto- aiuto? Qual è il tuo problema?”.
Ecco!
Io vorrei parlare di una tara (tra le tante) che mi affligge dalla più tenera età.
Tutto cominciò quando, alla scuola materna, la buonanima della maestra Letizia mi chiese di disegnare la mia mamma. “Su Giusi, disegna la tua mamma”. Io mi impegnai con tutta me stessa e tutta orgogliosa le presentai il frutto delle mie fatiche, del mio lavoro creativo. “Bene Giusi, sei molto brava davvero, però, tesoro mio, io ti avevo chiesto di disegnare la tua mamma, non un mmmm….grattacielo? Frigorifero?
Giusi ma che sarebbe sto coso?”.
E così io, alla tenera età di 5 anni, sperimentai il mio primo senso di inadeguatezza. E capii subito che quella sarebbe diventata la mia cifra stilistica.
“Nel disegno è una vera tragedia, ma è tanto educata, sempre allegra e gentile con tutti e ha un lodevole spirito di crocerossina (prossimamente dedicheremo un articolo a quest’altra mirabile condanna)”.
Poveracci tutti gli insegnanti che, fino a 18 anni, hanno sempre scosso la testa con un timido sorriso al cospetto dei miei obbrobri. Certo anche loro però non hanno saputo cogliere la densa profondità della mia arte espressiva. Una bambina di 5 anni capace di disegnare una mamma grattacielo non è mica roba da poco!
Col passare degli anni qualcuno mi disse pure: “ Tutti possono disegnare, basta un po’ di esercizio. Chiunque, se lo vuole, può fare qualunque cosa”.
Mentono. Menzogna. Non è vero!
Se mi chiedeste di disegnare una macchina io non ci riuscirei mai.
Se sapessi vedere le cose senza guardarle io invece di scrivere avrei disegnato. Ecco. Io nel disegno ero e sono un’emerita schiappa, e questa cosa mi faceva soffrire molto. Ma mi sono inventata un’altra storia. Il mio legame profondo con le cose e col mondo l’avrei voluto disegnare, ma non potendolo fare, ho deciso di scrivere.
Quindi, care schiappe in qualcosa o genitori di schiappe in qualcosa, rasserenatevi. Esistono decine di intelligenze su cui cimentarsi. Per esempio, qualche giorno fa, ho conosciuto un ragazzo diciottenne disgrafico, dislessico, disortografico e discalculico che nella vita fa il massaggiatore di cavalli. Gira il mondo, guadagna bene e si diverte un sacco. Invece di concentrarsi su ciò che non sa fare ha scelto di partire dalla sua passione, di trasformarla e di farsi trasformare.
La voglia di esprimersi può trovare infinite strade e vince anche sulle tare genetiche.
Buongiorno a tutti, sono Giusi, non so disegnare e vivo di espedienti e sotterfugi come tutti. Nella mia prossima vita, in questo giornale, pubblicherò splendide vignette.
Giusi Lo Bianco






Lascia un commento