FOOD – D’ANNUNZIO E IL PIACERE DELLA GOLA, MA LO SAPEVATE CHE…?


Riusciva tranquillamente ad astenersi dal cibo per due giorni di seguito, beh, che sia stato un uomo di carattere non avevamo avuto alcun dubbio, ma che Dannunzio fosse stato, ancor prima che poeta sacro della letteratura italiana, segretamente un gran digiunatore, e per giunta astemio, non è cosa risaputa. La domanda nasce spontanea, quale poteva essere il motivo di una tale stravagante scelta? La risposta c’è, fidatevi, l’astensione verso il cibo, nasceva dall’intima esigenza di concentrare quanto più possibile, il corpo e lo spirito verso il raggiungimento della fantomatica “Perfezione creativa”. Ma come si sa le monete hanno sempre due facce, e quell’altra, vista la prima da digiunatore, definiva il Dannunzio “feroce lupo della Majella”, come lui stesso era d’abitudine definirsi quando mangiava abbuffandosi a più non posso. Un amore tutto alla dannunziana, che vacillava tra privazione e il piacere della gola. Scoprire Gabriele D’Annunzio un “grand gourmet” rappresenta per noi una grande possibilità, scoprire il ricordo della sua giovinezza, dei suoi robusti appetiti per la cucina genuina, semplice, sana ed abbondante. Una cosa è certa, D’Annunzio ad “onor di cronaca” non sapeva cucinare, ma a tavola non si faceva scrupolo di niente, celeberrimo è il racconto grottesco e al limite dell’incredibile della frittata di 32 uova, proprio così avete capito bene, un colpo allo stomaco, ancor prima che al cuore, da lui stessa cucinata, e come diceva lui, letteralmente rapita dagli angeli, in volo si intende, al momento di voltarla in padella… offerta di perfezione ai beati. Diciamo eccellente prosatore, il Dannunzio, un po’ meno cuoco, per dirla breve. E così scopriamo la sua irrefrenabile passione per le uova, l’uovo si sa è simbolo di vita, pertanto pensava che mangiarne tante, e per giunta crude, gli avrebbe reso più vigore e sensualità. Lui che a tavola, tra gli ospiti, riservava attenzioni al vino solo nobili parole, per convenienza s’intende. In realtà ciò che beveva era sempre in abbondanza l’acqua, anche di notte, specialmente quelle notte insonni nelle quali si sosteneva di continuo con zollette di zucchero. Così descriveva ad un’amica lo stile di vita del Poeta D’annunzio, poche ore di sonno, pasti sempre molto sobri, e nessuna distrazione. Bisogna crederci? Noi, consentitecelo dubitiamo! Ma in pubblico, tutto cambiava, tutto assumeva tonalità diverse, il poeta si trasformava in squisito commensale. L’eroe del volo su Vienna, era in realtà un furbetto, mangiava anticipatamente in privato e per giunta abbondantemente, poi accoglieva gli ospiti a cena, e a tavola lasciava vuoto il piatto e si serviva di porzioni microscopiche, attirando volutamente l’attenzione verso sé. Proprio in quel momento iniziava a raccontare la storia della grande “Cheli”, una tartaruga, il cui carapace era stato collocato in bella mostra a tavola, a vista di tutti gli ospiti, tragicamente morta, a detta del poeta, a causa di un’indigestione dopo essersi ingozzata di fiori di tuberosa. Il racconto arricchito qua e là di particolari farneticanti, lasciava gli ospiti timorosi e inappetenti, vittime inconsapevoli dell’immaginifico e delle sue bizzarre trovate teatrali. Perché sappiate che l’ingrediente principale di ogni banchetto dannunziano doveva essere a tutti costi suo…

Calogero Matina- Kalos

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