Rubrica a cura di Valeria Barbagallo
Tra palcoscenico e platea, ebbene sì, in questo spazio agiscono le persone che vogliono entrarci, o magari che si ritrovano lì per caso o forse, meglio ancora, chissà per quale svariata ragione. Un luogo magico potrei dire il teatro, dove gli attori parlano, ridono, si truccano, si struccano, si insabbiano, mangiano, si vestono, si svestono, giocano e recitano , forse…
Sipario!! E le voci si spengono, tutto si zittisce, un palpito al cuore, e sale l’ansia a mille, si apre il sipario e si va in scena indossando ognuno una propria maschera. L’annuncio che il sipario si apra, oggi tocca a me, in quanto sarei “io” il regista, e mentre sul palcoscenico e dietro le quinte infuriano tempeste, incomprensioni, odii, applausi, gelosie ma a volte anche i grandi attori, io qui, faccio in modo, per quanto possibile, che l’arte incontri il sogno. Ma ditemi, cosa sarebbe il teatro senza sogni?
Beh per me i sogni sono l’unica lucida alternativa alla monotonia, a quel grigiore della vita che spesso ci assale, buoni motivi direste! Bello dunque fare il regista! Quindi mi dovrei reputare un uomo felice, in quanto regista, ma siamo sicuri che sia facile curare la regia di una qualsivoglia opera teatrale? Direi di no, ma se c’è passione, c’è veramente tutto ed è il volano per intraprendere qualsiasi progetto. Poi per uno come me il teatro è linfa vitale, scrivere il teatro, assaggiare di giorno in giorno questo affascinante universo parallelo in grado di rispecchiare come nessun altro la realtà, ma anche, a volte, di distorcerla. Il teatro nasce con l’emozione della fruizione, e dunque il coinvolgimento dello spettatore, e dall’altra parte c’è l’attore che prova emozioni vere interpretando una parte, ma tutto ciò ribadisco non è semplice. Nonostante ciò lui, in questo caso io vado sempre avanti, e quale strana contorta motivazione mi spinga di volta in volta a creare condizioni nuove, atmosfere surreali nelle quali invitare gli spettatori a perdersi, non mi è dato sapere. Pensate allora a quanto sia importante, per un regista, poter mettere in scena un proprio progetto, un lavoro sul quale non solo lui, ma un gruppo di persone ha investito in passione, tempo, impegno. E d’improvviso il teatro si riempie, di me, di tutto quello che vorrei dire, dei miei silenzi e del mondo che ogni attore ha dentro.
E nel momento in cui si decide di andare in scena, proprio in quel momento, li ci si mette seriamente in discussione, su ciò che siamo, su tutto quello che vorremmo essere e su come vorremmo che gli altri ci vedano. Che sciocchi che siamo, il teatro è più astuto di quanto noi stessi pensiamo, questo grande contenitore di umanità farà di tutto per metterci a nudo, e quando questo accadrà, presi alla sprovvista, sarà difficilissimo recitare. Uscire dal nostro isolamento, trasformando l’io in noi, ecco cosa dico sempre ai miei attori. Che strana creatura un regista, non si sa bene che cosa voglia dire, comunque fa teatro, parla di teatro anzi “fa teatro parlando di teatro”. La verità è che gli attori sanno bene cosa fare anche da soli, ma avere un regista fa comodo a tutti. Chi decide come me di fare teatro con gente comune, non viene certo da uno stato di soddisfazione, anzi al contrario, non si può generare arte senza una lucida sofferenza. Ecco la classica domanda che mi fanno sempre: perché fare teatro?
Ed io rispondo, ma per vincere la timidezza, se frequenti un corso di teatro non sei solo. Troverai persone legate dalla stessa passione. All’inizio ti vergognerai tantissimo! Dovrai fare strani esercizi che esplorano le particolarità della voce, dovrai ripetere un monologo davanti a persone quasi sconosciute con il terrore di dimenticarti qualcosa, dovrai sfidare le tue paure. Ma lo faranno anche gli altri. E piano piano sarà sempre più semplice. E se poi t’innamori del teatro è fatta…avrai la possibilità di vivere mille vite.
Calogero Matina Kalos






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