Quando prendeva possesso della cucina lo chef Schifano, lo faceva da monarca, vi confesso che incuteva timore a noi piccoli commis di cucina ancora alle prime armi, suscitando uno strano sentimento di paura misto a sottomissione.
Era imponente Totò, così lo chiamavano gli amici, ma per me era e sarà sempre “lo chef”. Con la giacca bianca, gli immancabili bottoni neri, quelli che una volta erano riservati “solo” ai grandi chef, e faceva bella mostra di sé indossando di volta in volta i fastosi collari con le luccicanti medaglie al merito per la carriera, uno fra i tanti il prestigiosissimo premio internazionale, ricevuto nel 1999 a Firenze, «Caterina dei Medici». Li aveva tutti i collari (riconoscimenti di settore), e li custodiva gelosamente in piccole teche di legno, che solo io potevo andargli a prendere.
Lo chef che ha cucinato per Papa Giovanni Paolo II, per la regina Elisabetta d’Inghilterra e per i reali di Svezia, e che ha ricevuto la laurea “Honoris causa” in Scienze dell’alimentazione, ebbene si, ci sapeva fare Totò. Gli occhi scuri e profondi e due enormi baffi riusciva ad annientarti o farti toccare le stelle con il solo sguardo. In cucina era per tutti il re dei cuochi siciliani, il più autoritario, l’astro splendente ed intramontabile che sentenziava il futuro dei molti cuochi che gli giravano attorno a lui con la speranza di diventare chef della sua portata.
Dalla cucina faceva sempre il suo ingresso in sala come il console che entra nell’arena a ricevere le acclamazioni dei clienti, e ordinava a noi poveri sudditi alle prime armi, di volta in volta che il servizio avesse inizio nel silenzio più assoluto, ci era concesso, per intenderci, solo il respiro. Chi non ha mai assaporato il profumo inebriante del potere di uno chef di cucina non può minimamente immaginare l’improvvisa scarica di adrenalina che irradia il corpo da capo a piedi, che scatena l’armonia dei gesti, che cancella ogni fatica di interminabili ore di lavoro passate tra i fuochi, l’estasi della sfrenata potenza di chi come lui “lo chef Schifano” oramai non doveva più lottare, ma soltanto godere della fama e di ciò che aveva conquistato negli anni, gustandosi all’infinito l’ebbrezza di incutere timore, perché lo sapeva bene, lui in quei momenti era il “Re”.
Così era, Schifano, autoritario, spigoloso e apparentemente poco trattabile, sentenziava senza sconti ogni nostro gesto in cucina, e di certo non si poteva sbagliare, perché se fosse successo, apriti cielo, sarebbero stati guai seri per tutti. Regnava infatti da sovrano e signore sulle più importanti tavole di Sicilia, intento a decidere su quell’eccellenza o su quell’altra, pasciuto dalle pietanze cucinate per lui per la nostra irraggiungibile gloria.
E noi piccoli gli rimanevamo a fianco, lì desiderosi di imparare quante più cose possibili e conquistarci le briciole della sua benevolenza, ma ahimè ad ogni sbaglio spesso diventavamo preda per il segugio. Grazie a lui e all’indomito chef Mario Consentino, colonne indiscusse della gastronomia siciliana, che ho potuto amare la cucina, e che quest’arte “minore” è assurta al rango delle discipline più prestigiose.
Nella sua vita “Totò” ha creato e demolito reputazioni, è stato il capo supremo, consapevole e implacabile di tutti quei banchetti, con la sua penna ha dispensato sale o miele ai quattro venti. E adesso mentre scrivo, non c’è, anche se impresse rimangono in me tante immagini, il suo profumo Kouros, le sue candele sempre accese nella stanza d’albergo, il tempio fatto di pane, la torta di rose e Luigi, le trionfali cascate di frutta nei banchetti, e il suo santo Caracciolo. Ironia della sorte, dopo una vita passata tra successi e troni, tra burro, salse, fritture, e immense brigate, orchestrate con sapienza, sua signoria Salvatore Schifano ha lasciato da tempo il suo trono, e quel posto è sempre vuoto, e a nessuno di noi è concesso sedersi, come faceva lui, come un re.
Ai giovani cuochi di Sicilia
Morirò, ma questo non ha importanza, solo una cosa mi interessa, che sia stato d’esempio per tanti giovani, che si sono innamorati della cucina. Grazie a quanti hanno saputo cogliere, nell’arte gastronomica, la possibilità di un loro personale riscatto. Di me, spero si parli per sempre, di cosa io abbia fatto per la cucina siciliana e per come io l’abbia amata incondizionatamente.
Totò Schifano
Calogero Matina Kalos






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