Rubrica a cura di Valeria Barbagallo
IO, LUIGI E LA MASCHERA…
Chi sono io? Quando mi presento agli altri la prima cosa che dico è il mio nome, ma se ci pensate bene il nome dice poco di me, di noi, di voi, è solo una forma vuota. Essa attende di essere riempita con qualcosa di più concreto, di più sostanzioso, quello che ogni giorno mi sforzo di essere. E per Luigi Pirandello affinché questa forma vuota inizi a parlare occorre che ognuno di noi la sappia riempire, proprio così riempire di ragione e sentimento, solo quando questo avverrà la realtà inizierà a parlare veramente di noi. Così, chiunque conosca il vostro nome avrà la possibilità di valutare, di apprendere “l’oltre” che ognuno di noi custodisce, dietro i propri dati biografici, e questo avverrà sempre alla luce della nostra realtà, del nostro mondo, ciascuno a suo modo.
Uno, nessuno e centomila: “Sono i miei connotati. Dati di fatto, dite voi. E vorreste desumerne la mia realtà? Ma questi stessi dati che per sé non dicono nulla, credete che importino una valutazione uguale per tutti.”
Ma la realtà è maschera, diciamocelo, è solo illusione, mera finzione, e la maschera che ciascuno di noi indossa nasconde e rivela: mette in scena ciò che essa rappresenta. La maschera ha sempre rappresentato per l’essere umano un’identità, la maschera del Pierrot per esempio raffigura la malinconia, quella dell’Arlecchino l’indolenza, l’astuzia, essa mette in scena il personaggio che decidiamo di essere, cerca sempre di attrarre quanta più gente possibile. È proprio quello che accade nel teatro della nostra vita di tutti i giorni, le persone recitano la loro parte per dare un senso al dramma della loro vita, non sono altro che maschere. Chi sono io quindi? Io sono un professore, che recita ahimè la parte di colui che sa o pretende di sapere, che si sforza di inscenare una certa sicurezza e prova sempre a nascondere quella strana inquietudine che lo prende tutte le volte che deve parlare in pubblico o andare in scena. Ecco la mia maschera, ecco chi sono io. E se poi magari mi metto in jeans, vado al bar a bere con gli amici e faccio il buffone che strappa sempre una risata dietro affermazioni ironiche e leggere, se ci pensate bene, quell’uomo in jeans sono sempre io, eppure se qualcuno di voi m’incontrasse stenterebbe a riconoscermi. Ma come? Questo non è quel professore che questa mattina parlava di Pirandello? Non ci posso credere. Chi sono io? Sono uno di questi, tutti loro o nessuno? Io sono uno, nessuno e centomila.
“Ciascuno si racconcia la maschera come può – la maschera esteriore. Perché dentro poi c’è l’altra, che spesso non s’accorda con quella di fuori. E niente è vero! Sempre mascherato, l’uomo, senza volerlo, senza saperlo…(L’umorismo).
E sebbene stia recitando la parte del professore, so cosa c’è dietro la maschera, ma no, io chi sono davvero, non lo so!! La considerazione che ho di me non è altro che la proiezione del sentimento di me stesso, delle mie debolezze, di ciò che credo di essere, o delle mie virtù, di ciò che pretendo o dovrei essere. Ma chi sono io davvero, credetemi non lo so. La maschera è oramai nuda, dietro la maschera non c’è più nessuno, o forse siamo tutte le maschere che in un certo momento e ciascuno a modo suo ci rappresentano.
Noi siamo convinti di avere addosso la maschera che ci rappresenta come vogliamo ed invece ognuno vede ciò che vuole sebbene in realtà sia io che voi siamo nudi, non siamo nessuno…
Calogero Matina kalos
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