FOOD- HISTORY


 

IL VERO FRUTTO DEL PECCATO. COM’È SPUNTATA LA MELA NEL PARADISO TERRESTRE?

 

 

 

 

Il Vecchio Testamento non rivela l’esatta identità del frutto proibito! E per uno curioso come me la domanda nasce spontanea: Come ha fatto la mela ad essere associata al frutto del male? Per trovare la risposta ci sposteremo in un maestoso monastero arroccato sulle pendici del Monte Athos, avete capito bene, ci troviamo in una delle tante isole dell’arcipelago greco, proprio lì toccherà ad un monaco svelarne il segreto.

La sala del monastero era poco luminosa, a sinistra il refettorio con il suo lungo tavolo e le sue panche, un odore persistente di incenso mi ricordava la sacralità del posto, fu allora che vidi entrare un monaco che si premurò ad accogliermi con tanto di quel calore, da mettermi quasi in imbarazzo, e senza dire una parola tirò subito fuori dalla sacca una mela rossa e mi disse… in natura tutto riflette la volontà di Dio: il vento, le nuvole e le sue forme, le foglie con il loro fruscio, il sapore stesso della frutta strappata dagli alberi.

Fu allora che il monaco prese un coltello e divise la mela, tolta la lama mi invitò ad assaggiarne le goccioline che erano rimaste impresse nell’acciaio della lama, le portai timidamente alle labbra, la prima impressione fu di dolcezza mielosa, quasi accattivante, cui fece seguito il retrogusto pungente e aspro. I sapori mi disse, amico mio, sono come le lusinghe, servono a distrarre l’uomo dalla parola di Dio, la dolcezza di quella mela era dunque un indiscusso segno di seduzione, mentre il retrogusto che lo seguiva era un influsso diabolico, e come si sa, i sapori amari ricordano il veleno e tutti i veleni, e come si sa sono opera del diavolo, almeno secondo i chierici medievali.

Vedi com’è rossa la buccia, quasi come le labbra di una donna, e vedi com’è bianca la polpa, come la sua pelle, e nel dirmi tutto questo mi invitò con insistenza a mangiarla, fu allora che il monaco mi chiese: com’è? In realtà la mela che stavo mangiando, gli dissi, era proprio saporita e croccante! E qua ti volevo, ecco tutto questo, è segno del male, poiché, la frutta, in genere, si ammorbidisce maturando! La mela al contrario, acquista consistenza “contro natura” quasi a voler rimarcare la sua natura immorale e ingannevole. Poi il monaco prese un’altra mela e la tagliò a metà in senso orizzontale, vedi, mi disse, vedi la stella? Ed io vidi con gran stupore il pentacolo, una stella a cinque punte, il la prova definitiva del segno di Satana.

Gli alberi da frutto nascondono certi segreti di Dio, che soltanto in pochi riusciamo a percepire. Il compito di un monaco come me, mi disse, interpretare i messaggi nascosti mandati da Dio e portarli a conoscenza a chiunque mi si presenti. Il colore rosso della mela, l’ambiguità del suo gusto, il pentacolo che si rivelava, erano tutti segni che mi portavano a pensare che proprio la mela era il frutto cresciuto sull’albero della Conoscenza proibita.

Ma a dire il vero, mi disse il monaco, scoppiando in una risata inaspettata, nella Bibbia non è specificato quale sia il frutto proibito.  È stata la Chiesa di Roma a metterci la mela.  L’Europa precristiana ti ricordo che si divideva più o meno in due gruppi umani, a sud delle Alpi vivevano popoli che coltivavano la vite e da essa ne bevevano il vino, che compariva in tutti i riti religiosi fin da quando si celebrava Dionisio sino ad arrivare alla celebrazione della messa nella Chiesa Cattolica romana.  Al Nord, al di là delle Alpi vivevano i Celti, la vigna non attecchiva nei loro territori e al posto del vino, i loro sacerdoti usavano il sidro, il succo di mele. Inutile dire che i due gruppi di detestavano. E sul finire del IV secolo la situazione tra le due etnie stava precipitando. Fu allora che come per incanto, sull’albero della conoscenza, iniziarono a spuntare le mele. Anche se nella tradizione cristiana il frutto proibito dell’Eden è la mela, non scordare, che in quella ebraica è il fico, poiché le foglie con cui lo stesso Adamo e la stessa Eva coprirono i loro corpi nudi furono presi dall’albero di fico citato nel versetto successivo.

 

Calogero Matina Kalos

 

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