Quando ero una giovane e brillante studentessa universitaria (ahimè il tempo passa per tutti) studiai sociologia generale dallo Smelser (famoso manuale) e fu una gran fatica. Dovessi sostenere adesso l’esame di cui sopra studierei semplicemente i dialoghi con la mia amica single Maria Adelaide (nome di fantasia, forse).
Le conversazioni con Maria Adelaide mi offrono un patrimonio sociologico inestimabile degno dei più grandi manuali.
– Bedda come stai? Sei il solito splendore.
– Sto uno schifo.
– E perché mai uno schifo? Masculi?
– Non mi parrari di masculi!
– Biiiiiii! E chi fu?
– Sono tutti morti di fame. Ma ti pare normale che devo pagargli la cena, svenarmi per fargli i regali, portarli in vacanza e pi mia nun c’è mai nenti? Conversare con Maria Adelaide mi ha fatto pensare che forse quell’ultima parvenza di romantica galanteria rimasta, quel gesto della mano accompagnato da un sorriso e dalla frase, “offro io” oggi non è più una questione di genere.
Indifferente alle ideologie è arrivata la crisi che ha reso tutti precari, uomini e donne, e del resto anche i rapporti umani sono diventati instabili e a scadenza, come lo yogurt. Gli uomini hanno smesso di offrire la cena, le donne di aspettarsi che venga loro offerta. D’altronde, chiedere di pagare a un compagno con reddito scarso ed a intermittenza dovrebbe far venire il magone a chiunque abbia un minimo di sensibilità, mentre essere attenti alla situazione economica dell’altro è il minimo per una donna intelligente.
Immagino che una cena con la spada di Damocle dell’attesa che giunga il momento del conto non possa creare grandi prospettive per la serata, anzi è logorante per entrambi. Forse la soluzione più opportuna sarebbe che a pagare sia il più ricco (o il meno povero) perché la formula “facciamo a metà”, visti i tempi balordi, non è sempre realizzabile.
Si potrebbe andare a cena col 730 sottobraccio, ma forse non sarebbe il massimo del romanticismo. La poesia di una serata sta anche nell’abbandono (almeno per un po’) degli schemi, con conseguente apertura di uno spazio, fatto anche di piccoli eccessi, di slanci emotivi e, se permettete, anche di una bottiglia di Harmonium che poco non costa. Il gesto dell’offrire racconta della felice indifferenza verso l’aritmetica delle relazioni e al tempo stesso dell’eccitante bellezza di qualcuno che in qualche modo, anche solo per il tempo di una cena, si prenda cura di te. Qualcuno che, a quel punto, può essere anche una lei, perché ciò che conta è l’abbandono di un egualitarismo troppo politicamente corretto e della triste ripartizione meccanica.
Credo che Maria Adelaide desideri un uomo che le offra la cena e che, perché no, la stupisca anche con un singolare presente e magari con i suoi fiori preferiti.
Perché in fondo “offrire” significa anche dedicare… e sfido qualunque donna, anche la più battagliera delle femministe, a non essere felice quando l’uomo che desidera le dedica tempo, spazio, buon cibo e un bicchiere di Harmonium.
Prosit!
Giusi Lo Bianco






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