Stavamo partendo per un lungo viaggio che ci avrebbe portato da Catania a Salerno, dove Simone, con una squadra di giovani cuochi, affiancato da una preziosissima docente di sostegno Prof.ssa Elisabetta Napoli, e naturalmente dalla mamma, Angela Samperi, avrebbe dovuto gareggiare per un importante concorso di cucina.
Fu allora, che dallo specchietto anteriore della nostra monovolume, mi ritrovai ad osservare madre e figlio, l’una a fianco l’altro, negli occhi di Angela l’amore più puro, l’amore assoluto di una madre per il proprio figlio, quel legame indissolubile che non ha riserve, esitazioni. Lo sguardo amorevole della madre che restituiva dignità all’ esistenza del proprio figlio. E fra una sosta e l’altra, chilometro dopo chilometro, stavamo per oltrepassare lo Stretto di Messina e sul traghetto, fra un po’ di stanchezza e tanta ilarità, Angela iniziò a raccontarmi di Simone.
Quello credo sia stato per tutti noi l’inizio di un lungo viaggio. L’amore che io e mio marito proviamo per Simone, è stato facilitato dalla differenza, rendendoci tra alti e bassi molto forti. Simone ha tanta voglia di vivere e di raccontarsi, certo a modo suo, e con i suoi tempi, ma vi assicuro che è un ragazzo tenace ed equilibrato che non si tira mai indietro, sente solo un irrefrenabile voglia di trovare il suo posto nel mondo, ed io in quanto madre ho il dovere morale di aiutarlo. Ecco che allora quel viaggio, divenne un viaggio oltre il confine della parola “sindrome di down”.
E d’improvviso Simone iniziò a proporci il suo cavallo di battaglia e con il ritmo, la musica della sua Beatbox, generata con la sola bocca, imitava i suoni della batteria, gli scratch dei DJ, versi di animali e chi ne ha più ne metta. Vedere Simone nei panni di un beatboxer mentre “rappava” è stata una sensazione indescrivibile, riproduceva perfettamente i suoni necessari, che uniti tra loro creavano melodie talmente complesse da fare invidia ad un bravo creatore di basi musicali. Ci piaceva quel modo in cui Simone interpretava la vita e tra un’esilarante comicità e una tenerezza disarmante, ci siamo resi conto che c’eravamo oramai tutti innamorati dei modi di fare di quel ragazzo.
Quando una madre insegna al proprio figlio a camminare, quando gli regge le mani e lo aiuta a muovere i primi passi, quando di volta in volta gli insegna a parlare, dimmi cosa sta facendo? Lo sta semplicemente portando lontano da sé, per amore di fargli vivere una vita autonoma e renderlo quanto più possibile libero. Ecco cosa faccio io con Simone. Da quel momento io ed Elisabetta ci ritrovammo dietro “un altrove”, e oltrepassare l’oltre c’è venuto naturale, e lo abbiamo fatto in silenzio, ascoltando una madre che ci parlava a cuore aperto del figlio. La cucina è stata per Simone il posto magico in cui sperimentare la propria voglia d’ indipendenza, di libertà.
Quel viaggio diede buoni frutti e come una favola che si rispetti ebbe un lieto fine, dopo una prova di tutto rispetto, dove i ragazzi realizzarono un piatto straordinario, la Pasta alla Norma, il gruppo si aggiudicò a Salerno il primo posto in classifica. Fu quello un grande successo per tutti, e con le lacrime agli occhi eravamo consapevoli di aver appena varcato, con Simone, la soglia di mille altre possibilità.

E fu così che Simone da lì a breve, terminò il percorso di studi all’alberghiero Karol Wojtyla di Catania, da quel momento, ci disse la mamma, la nostra principale preoccupazione, in quanto genitori, è stata quella di trovargli un’occupazione. Perché no? Perché non tentarci? E come si dice nulla succede a caso, il destino ha voluto che sia stato organizzato un evento presso il gruppo Ikea dall’associazione famiglie persone down- Catania, fu proprio in quell’occasione che incontrando alcuni responsabili Ikea, la dott.ssa Massimino, in quanto Presidente dell’associazione suddetta, ha voluto sottoporre una probabile assunzione di Simone all’Ikea. Why not? Direbbero gli inglesi, perché no? La domanda fu accolta con esito positivo tanto che Simone venne assunto da Ikea dopo qualche mese.
Simone Ventimiglia lavora oggi cinque ore al giorno, e si occupa principalmente della preparazione delle insalate e di piatti freddi. Certo, all’inizio, è stato affiancato da un tutor, e a poco a poco è stato istruito a procedere in completa autonomia, e per chi conosce Simone, ciò che apprende non lo scorda più, metodico e scrupoloso com’è! Si occupa inoltre della sistemazione del cibo nei banconi. La precisione dei suoi tagli, la cura e l’attenzione che mette Simone quando lavora, gli fanno ricevere spesso i complimenti dai colleghi, che lo amano e stimano tanto. Al lavoro lo accompagna un signore, solo perché non ci sono i giusti collegamenti agevoli, anche se ormai riesce a prendere autobus di linea ed extraurbani in assoluta autonomia.
A Simone cucinare, è sempre piaciuto, ama mangiare, ed è dotato di un palato sopraffino, ama in particolar modo la pasta e per la pizza, che oltre a mangiarla, sa anche prepararla, visto che ha lavorato per un periodo in una pizzeria. Le pizze quadrate di Simone, a Catania sono oramai “istituzione”, ma Simone è anche tanto altro, gioca a tennis, va a cavallo, ama la danza caraibica, va al cinema, gioca a bowilng, e ci chiediamo ancora: Why not?
Calogero Matina kalos






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