Palermo la rivolta del sette e mezzo


Da sempre la Sicilia è stata terra di conquista. Molti sono stati quelli che hanno calpestato il suolo siculo. Fenici, Romani, Arabi, Normanni, Borboni, Italiani. Tutte queste dominazioni hanno lasciato il loro segno, in bene e in male, con libertà e con tirannia. La conseguenza delle varie dominazioni è stata quella che periodicamente sono scoppiate rivolte con cruente battaglie.

Oltre a quella famosa dei Vespri Siciliani del 1282, celebrata anche dall’opera “I Vespri Siciliani” di Giuseppe Verdi, su libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier ispirato alla vicenda. I Vespri furono una rivolta popolare scoppiata a Palermo, contro il dominio angioino. Si racconta che un soldato francese, nell’ora del vespro di un lunedì di Pasqua, aveva messo le mani addosso a una donna maritata con il pretesto di doverla perquisire. Questa fu la causa che fece scoppiare la rivolta. Per difendere la moglie, il marito riuscì a estrarre la spada dal soldato francese e ad ucciderlo. Da allora iniziò una vera e propria “caccia al francese”, e i francesi che riuscirono a salvarsi furono pochi. La città di Palermo si proclamò indipendente dal dominio degli angioini, e si estese a tutta la Sicilia. Terminò con la pace di Caltabellotta fra Carlo d’Angiò e Federico III d’Aragona la prima fase dei Vespri. Altra rivolta sempre a Palermo fu quella detta del sette e mezzo.

Il 19 ottobre 1944 ci fu la rivolta del pane dove morirono tanti inermi cittadini che chiedevano pane e lavoro. Un corteo di scioperanti andava verso la Prefettura gridando “pane e lavoro”, gente armata solo di qualche sasso e qualche ramo di albero staccato lungo il cammino. Appena il corteo raggiunse Palazzo Comitini trovo due camion pieno di soldati del 139° fanteria “Sabaudia” armati di fucili, bombe a mano mitragliatrici, che ebbero l’ordine di sparare ad altezza duomo. Morirono 24 civili inermi, e 158 feriti fra i quali 6 bambini e otto ragazzi. Alcuni morirono in seguito. La quasi totalità della stampa di allora oscurò la notizia. Il documentarista palermitano Gaetano Di Lorenzo, ne ha fatto un cortometraggio di 40 minuti dal titolo “Racconto di una strage”.

La rivolta del sette e mezzo, viene ricordata dal Centro Studi A.F.A. (Andrea Finocchiaro Aprile) di Palermo, e dal libro “Sicilia, Sicilia, Sicilia” di Giuseppe Scianò, Edizioni Anteprima, raccontano i fatti della rivolta per la sua durata dal 15 al 22 settembre 1866. Una rivolta nel corso della quale si contarono migliaia di vittime fra la popolazione di Palermo. Ed anche fra i soldati delle truppe delle Forze Armate intervenute. Non poteva essere diversamente anche a causa del fatto che, contro i ribelli siciliani, il Governo Italiano (il quale aveva sede nella città di Firenze, che era ancora “Capitale d’Italia”) aveva avuto la possibilità di utilizzare con immediatezza quarantamila soldati “con corredo di Artiglieria”. Tutto ciò grazie al fatto che le forze armate del Regno d’Italia restavano “mobilitate” per effetto della terza guerra d’indipendenza, che era, sì, di fatto terminata, ma per la quale il trattato di pace definitivo non era stato sottoscritto dalle parti interessate in maniera formale e conclusiva. Analogo discorso vale per la Flotta Militare del Regno d’Italia, utilizzata per trasportare truppe e per “bombardare” la Città di Palermo. La rivolta siciliana, nonostante tutto ciò, continuò eroicamente. E creò non poche difficoltà alle Forze Armate ed allo stesso Generale Cadorna, al quale erano stati dati pieni poteri e che godeva della fiducia incondizionata del Re d’Italia Vittorio Emanuele II. A Palermo si contarono 10.000 morti. Sulla vicenda si cercò di fare calare il muro del silenzio (con Censure e menzogne). Si crearono delle vere e proprie “congiure”  pseudo-culturali. E si cercò soprattutto di ignorare e dimenticare i massacri, le deportazioni e gli eccidi di massa che seguirono. La verità, seppur con enormi sacrifici e con qualche mutilazione venne a galla. Anche a livello internazionale. E grazie al contributo di personaggi e di fonti imprevedibili. Fra le testimonianze più originali e significative, -oltre a quelle, documentatissime, di matrice cattolica-, non si possono trascurare quelle dei pochi ma buoni studiosi anticonformisti, quelle del canonico Agostino Rotolo e quelle che emergono dai verbali e dagli atti dell’apposita Commissione Parlamentare d’Inchiesta, pubblicati dopo cento anni.               Il Centro Studi “Andrea Finocchiaro Aprile” non nasconde oggi l’amarezza di dover constatare che le più importanti Istituzioni Culturali sia pubbliche che private non abbiano adottato adeguate iniziative di studio e di ricerca tali da fare meglio conoscere la “verità” su quei tragici fatti che tante conseguenze e tanta importanza avrebbero avuto per le sorti del Popolo Siciliano fino ai giorni nostri. Si tende anzi a far dimenticare. In questo contesto merita un particolare apprezzamento la iniziativa dell’Accedemia Nazionale della Politica, presieduta da Bartolo Sammartino, che, in occasione appunto della ricorrenza del 151° anniversario di quella RIVOLTA, ha attivato un programma di studi, di dibattiti di conferenze, di ricerche e di pubblicazioni che andrà ben oltre l’occasione commemorativa.                                                                                                      Michele Milazzo

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