San Pietro Clarenza, è stato più volte coperto dalla lava, causa ciò poca storia e cultura è stata riportata da questo paese, dove sono nati personaggi passati alla storia. Vedi Fra Pietro Privitera di cui è in corso il processo di beatificazione. Un altro personaggio sconosciuto a tanti e Giorgio Rioli, di cui Adriano Prosperi ne ha scritto un libro sulla sua vita, edito da Feltrinelli, dal titolo “L’eresia del libro grande, storia di Giorgio Siculo e della sua setta”. Prosperi ha insegnato storia moderna all’università di Pisa. Ha fatto studi prevalentemente di temi collegati alle istituzioni ecclesiastiche e alle vicende religiose della prima era moderna, tra il quattrocento ed il seicento, dove vi era una Italia lacerata dal dissenso protestante, ed un monaco protestante appunto il Rioli, annuncio rivelazioni straordinarie. Potenti e umili, religiosi e laici lo seguirono affascinati. Rioli consigliava ai protestanti dispersi per l’Italia di adattarsi all’ortodossia cattolica, ai seguaci più stretti confidava una dottrina segreta, che gli era stata comunicata – affermava – direttamente da Cristo, e che si opponeva in maniera radicale al protestantesimo, ed al cattolicesimo. Denunciato e processato venne condannato a morte per impiccagione a Ferrara.
I seguaci, di Giorgio Rioli per decenni furono perseguitati, compresi i suoi libri. Nel suo libro Adriano Prosperi scrive : Giorgio Rioli, nasce nel 1517 a San Pietro Clarenza, sulle pendici dell’Etna, in provincia di Catania. Della prima parte della vita di quest’uomo, universalmente noto come Giorgio Siculo (che,contrariamente alle convinzioni di alcuni autori, non ha nulla a che fare con il corregionale Camillo Renato), non si conosce praticamente nulla fino alla sua ammissione nel monastero benedettino di San Nicolò l’Arena di Catania il 24 febbraio 1534, dove conobbe e diventò amico del confratello Benedetto Fontanini da Mantova, l’autore dell’arcinoto Beneficio di Christo, residente nel monastero di Catania tra il 1537 ed il 1543. Rioli inizio il suo ministero da dissidente con il motto “Né con la chiesa cattolica, né con i protestanti. Fu un uomo indubbiamente carismatico, ma di scarsa cultura: scriveva in lingua siciliana e, per poter rendere i propri testi più leggibili, necessitò spesso di traduzioni in italiano o in latino fornite da parte dei confratelli, o il sopramenzionato Benedetto Fontanini o Luciano degli Ottoni (m. 1552), noto anche come Luciano da Mantova, abate di Santa Maria di Pomposa e uno dei suoi più convinti seguaci. Alla fine del 1546 egli cercò di intervenire nei lavori del Concilio di Trento (1545-1563), inviando il suo De iustificatione ad Ottoni, poi cercando di farsi ricevere direttamente dal cardinale Reginald Pole, per presentare le sue dottrine profetiche ed apocalittiche. Poco dopo, nel 1548 esplose il caso di Francesco Spiera, l’avvocato di Cittadella, che aveva dovuto abiurare dal suo credo luterano ma che, in seguito, ne era morto per il rimorso.
Rioli dopo il tentativo d’intervento al concilio di Trento, era comunque rimasto in zona, e più precisamente a Riva di Trento, dove dedicò ai fedeli della cittadina una predica quaresimale sul caso Spiera, da cui fu tratta la sua opera più nota, l’Epistola di Georgio Siculo. Ma, solo qualche mese dopo, nel settembre 1550, mentre stava predicando contro i luterani a Ferrara, fu arrestato con l’accusa d’eresia. Da una parte non poteva certo contare sull’appoggio degli evangelisti e riformatori, i quali, come Giulio Della Rovere o Celio Secondo Curione o perfino lo stesso Calvino lo avevano (o lo avrebbero) attaccato duramente nei loro scritti, dall’altra il cardinale Ercole Gonzaga (1505-1563) aveva coinvolto il cugino duca Ercole II d’Este (1534-1559) per poter punire esemplarmente il monaco benedettino e reprimere il più possibile la setta dei seguaci del “Don Georgio impio heretico”, come Rioli stesso fu definito da un inquisitore. Perfino l’Inquisizione romana s’interessò a lui e ne chiese inutilmente l’estradizione, ma il duca di Ferrara si assicurò che il processo si svolgesse sotto la sua giurisdizione. Durante il processo Rioli dichiarò la sua decisione di abiurare, e quindi fu ordinato che dovesse farlo pubblicamente il 30 marzo 1551 nella chiesa di San Domenico a Ferrara, davanti all’Inquisitore fra’ Michele Ghisleri da Alessandria (il futuro Pio V: papa dal 1566 al 1572) e ad Ercole II d’Este, ma sorprendentemente, considerando che egli era stato uno strenuo difensore dell’atteggiamento nicodemitico, Rioli si rifiutò. A quel punto, il suo destino era segnato: riportato in carcere, due mesi dopo Rioli, fu strangolato, la sera del 23 maggio 1551. Detto del De iustificatione del 1546, il libro di Rioli che ebbe la maggior diffusione, ma che sollevò anche un grande scalpore, fu l’Epistola di Georgio Siculo servo fidele di Iesu Christo alli cittadini di Riva di Trento contra il mendatio di Francesco Spiera et falsa dottrina de’ protestanti, stampata nel 1550 a Bologna. Benché all’apparenza sembri un testo cattolico tutto proteso contro la dottrina calvinista della predestinazione e di quella luterana della giustificazione per sola fede, il testo anelava invece, similmente alla “terza via cristiana”, e cioè al pensiero anabattista e antitrinitario (quest’ultimo secondo la dottrina di Miguel Serveto), alla palingenesi o apocatàstasi, la salvezza per tutta l’umanità, grazie all’opera redentrice del Vangelo trasmesso da Cristo morto in croce e per mezzo della Grazia di Dio.
Poco dopo, nello stesso anno, comparve il suo Espositione nel nono decimo et undecimo capo della Epistola di San Paolo alli Romani, con un suo commento sulla lettera paolina più discussa dai luterani. Gli altri suoi pensieri, noti in forma orale durante la sua vita, furono pubblicati postumi in un libro, latinizzato da Luciano degli Ottoni, con il titolo di Libro maggiore o Libro grande o Libro della verità christiana et dottrina apostolica. Profetico, mistico e apocalittico, Rioli raccontava ai suoi seguaci che Cristo gli era apparso in persona per comunicargli che tutti i sacramenti erano completamente inutili (anche il Battesimo, ed in questo si differenziava dagli anabattisti) e che l’unica cosa che poteva rimettere i peccati era la fede nel Signore. Rioli inoltre negava l’autorità papale, la gerarchia ecclesiastica, il culto della Vergine e dei santi, il valore meritorio delle opere, la messa, le indulgenze,la presenza reale nella Eucaristia, ma esaltava la ragione e la dignità della natura umana. Indipendente e critico delle correnti principali del protestantesimo, Rioli favoriva una religiosità semplificata e spirituale: per lui, era preferibile mantenere una certa indifferenza di fronte alle professioni di fede e anzi perfino accettare esteriormente una confessione religiosa, soprattutto quella cattolica, anche se non vi si credeva. Da qui le pesanti accuse di nicodemismo lanciate da Calvino. Le idee di Rioli ebbero un certo seguito negli anni successivi ed influenzarono diversi dissidenti e seguaci, detti georgiani. Michele Milazzo






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