“Don Arcarolu don Arcaloru dumani a vintin’ura a Catania s’abballa senza sonu”
Questo il grido della fattucchiera catanese all’età dei Vicerè a don Arcaloro Scammacca. Come scrisse il prof. Santi Correnti nel suo libro “Leggende di Sicilia”, Longanesi Editore, il giorno prima del terremoto dell’undici gennaio 1693, che distrusse gran parte della Sicilia orientale, dove a Catania ci furono diciotto mila vittime, su circa ventisettemila abitanti. La megera nella mattinata del 10 gennaio, si presentò al barone Arcaloro Scammacca, e grido con la sua grossa voce che si affacciasse subito, che gli doveva dire una cosa di somma urgenza e di grande importanza. I servi non volevano lasciarla passare , ma don Arcaloro conoscendo il tipo, comandò che la facessero salire. La vecchia strega confidò al barone di aver sognato Sant’Agata che scongiurava il Signore di salvare la sua città dal terremoto, ma il Signore aveva rifiutato di concedere la grazia, dati i gravi peccati dei catanesi, e la megera aggiunse la tremenda profezia “ don Arcaloru, don Arcarolu dumani a vintin’ura a Catania s’abballa senza sonu”. Il barone capì quale sarebbe stato il ballo il giorno dopo a Catania a vintin’ura, vale a dire verso le diciassette, ricompensò lautamente la vecchia megera, rifugiandosi con tutta la famiglia in campagna, dove attese l’ora fatale, che puntualmente come previsto dalla strega avvenne, ci fu il terremoto con la grande catastrofe. Un vecchio quadro settecentesco rappresenta il barone catanese con l’orologio in mano in attesa dell’ora fatidica. Michele Milazzo






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